Luciano Emmer continua a stupire al festival del Cinema Ritrovato, dove quest'anno si celebra il centenario della sua nascita. Camilla, il suo sesto lungometraggio è stato proiettato con la presenza del figlio del regista: Michele Emmer.

Camilla è una vedova di mezza età recatasi a Roma per prendere servizio come domestica presso la famiglia Rossetti: composta da un giovane medico, sua moglie e i loro bambini (interpretati dai veri figli di Emmer). I coniugi si ostinano a mantenere uno stile di vita troppo alto per la loro condizione economica. Mario (il marito) sta studiando con l'intenzione di poter diventare chirurgo, per  accrescere la propria entrata. Ma questo inutile affaccendarsi per rincorrere uno status quo porta a continui litigi  e dissapori. Le difficoltà familiari spingono Mario a mettersi in società con un suo amico poco affidabile, Gianni, il quale è intento a vendere i più disparati prodotti. Gli affari però sfumano miseramente e questo fallimento sembra portare un po' di serenità all'interno del nucleo familiare, nel quale Camilla gioca un fondamentale ruolo di coesione, riuscendo a evitare molte tensioni familiari.

E' il primo dei lungometraggi di Emmer non composto da episodi che si intrecciano. La pellicola venne inizialmente stroncata dalla critica di stampo cristiano, perché descriveva la situazione di una coppia convivente, ma non sposata (l'amico di Mario e la fidanzata). Anche se in questo film la narrazione si concentra sostanzialmente solo attorno al nucleo familiare, questo non significa che ponga l'attenzione su alcune figure a discapito della vicenda collettiva. In questo senso è molto importante la scelta dei nomi dei personaggi: Mario, Giovanna, Gianni, Andrea, Paola sono nomi comunissimi, che si dimenticano e si confondono facilmente. Ciò simbolicamente significa che  Emmer, nonostante si concentri questa volta su un numero di elementi ristretto, non si esenta dall'aspetto di documento della società che caratterizza tutta la sua filmografia. In quanto anche se  prende in esame una singola famiglia della medio-borghesia, assieme ad essa si focalizza sui problemi e sugli atteggiamenti che interessano l'intera classe sociale da cui la famiglia proviene.

In questa pellicola il carattere narrativo prevale su quello descrittivo. Emmer, lontano da intenti pedagogici, vuole semplicemente mostrare l'allontanamento da molti valori tradizionali, operato da una nascente classe euforica medio borghese, pienamente inserita nei mutamenti del boom economico. Delinea in quest'opera un paese sempre più orientato verso una società dei consumi, che rincorre continuamente se stesso, senza approdare mai a un reale appagamento. In tutto ciò la figura di Camilla incarna perfettamente i valori popolareschi che si oppongono a quelli della borghesia in ascesa, mostrando una saggezza e una pacatezza assente in tutti gli altri personaggi.

Ma l'impostazione di Emmer non è certo moralistica, come egli stesso ha dichiarato “Avevo forse intuito sul nascere la perdita di certi valori tradizionali il cui ritorno, impossibile, è auspicato oggi da ipocriti moralisti. Camilla era la cartina di tornasole che li aveva evidenziati con la sua presenza di affettuoso e distaccato testimone”.