In principio, solo l’acqua azzurra e cristallina del mare. Tutt’attorno, la roccia macchiata dagli arbusti mediterranei. Siamo a Capri, una delle nostre piccole isole italiane. Ed è qui che Mario Martone ha deciso di ambientare la sua nuova storia, intrisa di realtà e ideali. Capri- Revolution sembrerebbe la conclusione di una trilogia venutasi a creare spontaneamente, da quanto detto dal regista stesso, dopo i suoi Noi credevamo e Il giovane favoloso. Film uniti, a dire di Martone, dalla figura di un protagonista ribelle e giovane per tutt’e tre i film, così come dall’affrontare il tema della collettività e dell’individualità.

Nonostante la storia del film si ispiri a quella realmente accaduta della comune di Karl Diefenbach, La figura principale di questo film è Lucia. È una giovane capraia interpretata da un’intensa Marianna Fontana, che con la forza dei suoi grandi occhi scuri riesce a calamitare l’attenzione dello spettatore su ciò che incuriosisce la protagonista. Lucia, infatti, viene presto attirata da una comunità di giovani artisti, guidata da Seybu, che praticano il nudismo, mangiano vegetariano e vogliono ricreare un rapporto più stretto con la natura. La loro piccola comunità appare, agli occhi di Lucia, come un luogo incantato: tutti sono vestiti di bianco, il colore della purezza, e quando sono nudi si sdraiano sulle rocce. Stanno fermi a contemplare il sole che scende sul mare. O ballano nudi intorno al fuoco, sotto la Luna. Il tutto rappresentato da un’atmosfera magica, da un calore soffice. Dalla lucentezza del sole e dal chiarore del cielo. Per Lucia questo è un mondo completamente estraneo a quello di casa sua, in cui diventa prigioniera della brutalità dei fratelli e delle loro antiche idee patriarcali. Un luogo, non a caso, caratterizzato dall’oscurità, in netto contrasto con quello che c’è dall’altra parte della montagna.

Le lunghe inquadrature della natura e i girotondi ipnotici della macchina da presa, la quale passa dai volti ai paesaggi, ci danno quasi l’impressione di sentire l’odore del mare. Di essere sfiorati dalle foglie dei fiori, catapultandoci in breve tempo all’interno della storia. E ancora, restiamo come incantati dalle danze, di ispirazione contemporanea, della comunità di Seybu, le cui coreografie sono state magistralmente ideate da Raffaella Giordano. Lei, sotto la supervisione del regista, è riuscita a donare ai loro balli quasi un senso di mistero, trasformando le figure umane in ninfe che, leggere, danzano nel loro habitat naturale: il bosco.

Capri-Revolution è un film coinvolgente che, con delicatezza, porta a chiedersi dove sia la linea di confine tra realismo e idealismo. Se la realtà sia ciò che si vede, o ciò che si sente. E se siamo ancora in grado di ascoltarci. “Gli uomini non sono al mondo con la vocazione di migliorarsi. Ma di diventare sé stessi”. Questa è la concezione di amore che traspare dal film: l’essere in grado di accogliere l’altro e sé stessi in tutto il proprio essere. Una libertà che da sempre è il desiderio più profondo della protagonista. Una donna che è uno spirito libero. Che non si ferma, ma volge sempre lo sguardo all’orizzonte. Una figura di forza e indipendenza in cui noi tutti, forse, vorremmo rispecchiarci. E se Capri- Revolution è riuscito a raccontarci l’essenza vera della libertà, riuscire a raggiungerla resta un’arte che solo noi siamo in grado di creare. D’altronde, basta trovare la giusta ispirazione.