“Hai in tasca una pistola o sei semplicemente felice di vedermi?”
È solo una delle tante citazioni memorabili e graffianti di Mae West. Contraltare d’oltreoceano della nostra Colette in quanto irriverente sex symbol e archetipo della femme fatale, star a Broadway. Il suo ingresso nel mondo del cinema avviene a gamba tesa, fin da subito si guadagna il lusso esclusivo di poter scrivere le proprie battute e, più avanti, di intervenire nella stesura delle sceneggiature. Nella recensione che Colette fa di She Done Him Wrong, si elogia la grinta di Mae West, definita “una stupefacente attrice che ha dovuto soltanto comparire per convincerci”.
In un saloon newyorkese di fine Ottocento, assistiamo ai misfatti che ruotano intorno a Lady Lou, indiscussa regina dei diamanti e preda ambita quanto raffinata della sua torre d’avorio, in cui si esibisce ogni sera. Nemmeno con le mani sporche di sangue si scompone, piuttosto impugna un pettine, mettendo in scena il tragicomico camuffamento dell’omicidio, spacciato per intimo momento fra donne. Un giovanissimo Cary Grant, agente sotto copertura, sconvolgerà le sue certezze e farà breccia nel cinismo della Lady, in un finale ambiguo e “romantico”.
La sua presenza scenica è calcata non solo dalle sue parole ma anche dalla sua prestanza fisica, l’andatura decisa, felina, l’espressione ammiccante e l’accento del Sud la rendono indiscussa front woman, tanto da far apparire il resto del cast come mero sfondo.
“Preferisco essere infelice con voi che senza di voi.”
Diretto da Jacqueline Audry, Gigi è la versione cinematografica di un breve racconto di Colette, che dal ‘46 ne segue minuziosamente la trasposizione, con particolare attenzione ai dialoghi. Quando nel ’51 l’opera verrà portata in scena a teatro sarà un’esordiente Audrey Hepburn a interpretare la parte dell’adolescente.
In una casa matriarcale, la piccola viene plasmata per un debutto in società. Il controllo passa dall’educazione riguardo la scelta dei migliori sigari, allo stato dei piedi, che devono essere mantenuti perfetti per il plauso di un uomo. Persino agli occhi della famiglia Gigi risulta ingenua e scialba, priva di ambizione. Indotto da un astuto piano delle donne di casa Alvarez, Gaston, un caro amico di famiglia apostrofato col nomignolo di “zio” dalla ragazza, inizia a intravedere nell’innocente Gigi una promettente Lolita e potenziale futura moglie.
Definito come vagamente femminista, probabilmente per la presenza di un considerevole numero di donne come principali artefici dei fatti, in realtà la pellicola predica sì l’aspirazione, ma da cocotte, sì il potere, ma manipolatore. Se per un momento Gigi nel suo emanciparsi ci appare come un’eroina, che si rifiuta di fare da trofeo di un uomo ricco, maturo e chiacchierato, poco dopo cadrà nella trappola cucitale addosso dall’uomo come dalle donne.
In collaborazione con Eugenia Carraro