E’ una comicità travolgente quella di The Patsy, commedia del 1928 diretta da King Vidor. Sebbene la protagonista indiscussa del film sia Marion Davies, che domina la scena non soltanto per la sua incontestabile bellezza, il titolo italiano Fascino biondo non rende merito né alla brillante sceneggiatura di Agnes Christine Johnstone, Barry Conners e Ralph Spence (quest’ultimo responsabile in particolare dei brillanti dialoghi e delle duecento didascalie di cui il film si avvale) né alle interpretazioni di tutti gli altri componenti del cast, specialmente della divertentissima Marie Dressler nel ruolo della madre di Pat.
Commedia degli equivoci la cui ironia è evidente sin dal titolo (la protagonista Pat per amore diventa patsy, cioè “sciocca”), questo film tratto dall’omonima pièce di Barry Connors inaugura ufficialmente, dopo la collaborazione sul set di The Red Mill (Roscoe Arbuckle, 1927), il legame artistico tra Vidor e l’attrice americana: seguiranno Maschere di celluloide, 1928 e Gabbia di matti, 1930, a consacrare definitivamente il suo talento di attrice brillante.
La versatilità è senz’altro una delle caratteristiche della recitazione di Marion Davies − che prima di affermarsi come attrice di commedie prese parte a diversi melodrammi − e qui emerge soprattutto nei momenti in cui imita Mae Murray, Lillian Gish e Pola Negri, in una parodia che è però anche un omaggio alle grandi dive del cinema muto. Non è difficile vedere in The Patsy l’ambizione ad un modello di donna artefice del proprio destino che cerca di ottenere ciò che vuole, traslando in un contesto quotidiano la forza ed il carattere delle eroine à la Pearl White che avevano popolato i serial degli anni Dieci.
Ma la versatilità è anche un elemento che caratterizza la partitura che ieri sera la piccola orchestra The Sprockets ha eseguito per accompagnare la proiezione in piazza Maggiore. Le composizioni di Maud Nelissen hanno rievocato sonorità dei tardi anni Venti, con arrangiamenti jazz e con un tema romantico ispirato alla canzone Can’t Help Lovin’ Dat Man dal musical di Jerome Kern Show Boat.
Il dialogo tra gli strumenti (sassofoni, mandolino, banjo, chitarra, contrabbasso, percussioni, fisarmonica e un pianoforte suonato dalla stessa Nelissen) è stato efficace nel sottolineare le gag del film e anche nel delineare le non particolarmente approfondite psicologie dei personaggi, dosando correttamente momenti musicali molto vivaci all’interno di un tessuto sonoro che riusciva ad essere intimo e divertente allo stesso tempo.