L’uomo, la locomotiva, gli applausi, le risate. La purezza del cinema nordamericano degli anni Venti sta tutta nel film Come vinsi la guerra, scritto, diretto e interpretato da Buster Keaton in sodalizio con Clyde Bruckman. Qui il Keaton che tutti conosciamo sviluppa pienamente tutte le sue meccaniche della comicità fresca e intelligente che nell’opera del 1926 raggiunge l’apice della storia diventando il film cardine della sua intera e lunga carriera. Considerato uno dei cento migliori film americani di tutti i tempi, Come vinsi la guerra non ha bisogno di ulteriori presentazioni, se non l’ulteriore appunto che, per un film molto difficile da realizzare, tutto quello che vediamo sullo schermo è vero, senza trucchi, stunt, modellini, effetti speciali o qualunque altro prodotto di finzione. Senza porci ulteriori domande, sì, Keaton quando ruzzola dal vecchio biciclo di legno o salta da un vagone all’altro, la tensione tra gli addetti ai lavori era palpabile.

Detto ciò, con la chiara consapevolezza che tutti gli equilibri del suo dinamismo corporeo, le locomotive, le scenografie, i costumi, le comparse sono frutto di una precisissima volontà alla fedeltà della storia, Come vinsi la guerra assume lo status di puro cinema che segue le linee di una geometrica unica. Come la linearità orizzontale del movimento della locomotiva, la General, che ha bisogno di continuo carburante per rimanere in vita (quindi degna co-protagonista tangibile e reale) la quale deve compiere la sua tratta pressoché infinita verso un’ideale conclusione del viaggio; come Keaton regista che si serve dei raccordi di montaggio, della scrittura e della regia ormai consolidate, in un continuo sviluppo del piano orizzontale delle immagini, del susseguirsi delle gag, della narrazione della logica della storia; come il percorso a ritroso del convoglio, guidato in avanti, talvolta all’indietro, spesso cambiando percorso (quindi dando una svolta al corso degli eventi) della fitta rete di direzioni proprie della mappa geografica del film. Tutto torna perfino nella partitura musicale (al Cinema Ritrovato 2020 scritta e diretta ad hoc da Timothy Brock ed eseguita dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna in Piazza Maggiore) che con l’andamento sia orizzontale delle misure, delle note, dei tempi e degli intervalli, sia verticale per la compresenza di più strumenti (tra cui un esemplare unico di “Railroad Imitation” per emulare il suono della locomotiva) si viene a costituire un’adeguata planimetria sonora che aggiunge significato al compiersi delle vicende.

Così, non ci risulta nemmeno strano considerare come le gag migliori (e il Keaton migliore) si realizzino quando la locomotiva è in movimento: nell’attimo della sua immobilità che comporta una stasi, un peso verso il basso (ancora, sul piano della verticalità), il ferroviere Johnny deve inventarsi un nuovo stratagemma logico per riacquistare movimento: l’azione e le meccaniche logiche tornano così vive e attive e anche la locomotiva può riprendere il suo viaggio.

Keaton, con Come vinsi la guerra, uno schermo e una piazza piena di persone spinte dalla voglia incondizionata di cinema, intrattiene ancora una volta con la sua purezza senza chiedere nulla in cambio. D’altronde era il suo film preferito, quello di cui era più orgoglioso e gli bastava così.