Un amore sconfinato messo in crisi e distrutto da un terribile incidente, una maschera a coprire i segni di un orribile volto deturpato...
Presentato come quello che potrebbe forse essere l’ultimo film muto francese uscito al cinema – arrivò nelle sale addirittura nel 1930 –Dans la nuit è estremamente curato dal punto di vista della fotografia e della costruzione del contesto in cui la narrazione trae origine. I primi minuti sono una trasposizione della vita lavorativa in miniera la cui ciclicità viene spezzata da un matrimonio, anche visivamente con giochi di camera non innovativi ma funzionali. Alla dura fatica giornaliera si contrappone la gioia del cibo, delle bevute e dei giochi in compagnia. La folla si dirada ed è il momento per la coppia di trovare finalmente la propria intimità nuziale e cominciare una nuova vita insieme.
Quanto può durare la felicità? Quanto può essere appesa a un filo? Ed è proprio una miccia a distruggere la coppia: un’esplosione fatta partire per errore sfigura orribilmente l’uomo che entra in una profonda depressione. Non esce più di casa e lavora solo di notte tenendo una maschera livida e triste. La moglie soffre della felicità perduta e un giorno viene avvicinata da un uomo che le propone di fuggire lontano e ricominciare una nuova vita. Mentre si preparano alla fuga notturna torna inaspettatamente il marito, in una scena iconica che mostra i due uomini entrambi con la maschera in modo tale da aumentare il senso di incertezza per uno scontro che diventerà letale.
Ma chi è morto e chi è vivo? La storia guida lo spettatore verso una soluzione per poi ribaltarla completamente e distruggerla in un finale poco coraggioso ma certamente giusto. L’ordine sarà ristabilito e la dolce quotidianità amorosa potrà riprendere il suo corso.
Dans la nuit è l'unico film da regista di Charles Vanel, qui anche attore protagonista insieme alla compagna di tanti film Sandra Milowanoff. Se il passaggio dalla recitazione alla regia non è certo un unicum, stupisce come Vanel sia stato in grado di creare un film completo e strutturato curando anche la sceneggiatura. L’occhio del regista è attento a catturare la quotidianità della vita di miniera, omaggio al padre, e della gente semplice in generale. Ma la maniera, come sapeva, poteva anche essere molto pericolosa e così l’interesse quasi documentario trasforma la cava in un personaggio vivo e attivo nello sviluppo la narrazione.
La quotidianità e la reiterazione dei gesti dei minatori sono stati sottolineati durante la proiezione del film, in una Piazza Maggiore gremita, dalla musica di CW03 e CW04 della band finlandese Cleaning Women, ricca di motivi ridondanti. Da sempre collegata a un modo di fare musica il più possibile eco sostenibile, la band ha trovato la sua collocazione in un ambiente incontaminato e rurale. La loro musica, più che accompagnare l’evolversi della vicenda, ha creato una sorta di sottofondo che ha dato maggiore vita alle immagini proiettate.