Fantozzi è stato per Paolo Villaggio tanto il personaggio che gli ha concesso il massimo successo economico, quanto una dannazione artistica che lo ha imbrigliato fino al termine della carriera. Ugualmente per Luciano Salce, che con i primi due episodi fantozziani ha raggiunto l’apice autoriale e commerciale, ma diventò per alcuni anni il regista “prigioniero” del divo Paolo Villaggio in film meno efficaci proprio perché costruiti a misura dell’attore.

Figura mediocre, meschina e pavida, il Rag. Ugo Fantozzi è stato creato da Villaggio attingendo dalla sua primordiale, grigia e demotivante esperienza lavorativa come addetto all’organizzazione di eventi nella mega ditta industriale Italimpianti. Apparizioni cartacee dapprima sotto forma di racconti pubblicati sul finire degli anni ’60 nel settimanale l’Europeo (dal titolo “Le domeniche di un impiegato”), e poi raccolti nell’omonimo volume pubblicato da Rizzoli nel 1971.

Del 1974 è Il secondo tragico Fantozzi, mentre tra il 1976 e il 2012 Villaggio ha sfornato altri 7 romanzi con protagonista il noto Ragioniere. Una saga letteraria di notevole successo editoriale – in particolare i primi romanzi – tra le più tradotte all’estero. Come ha evidenziato Villaggio, in terza persona in un’intervista rilasciata nel 1989, Fantozzi ha avuto ottimi esiti di vendita soprattutto nella ex URSS. Indicazione che non dovrebbe sorprendere particolarmente, poiché il Ragionier Ugo, oltre a essere uno delle più fulgide espressioni cinematografiche atte a descrivere la mostruosità italiana, è un’estremizzazione parodica del timido e denigrato funzionario Akakij Akakievič Bašmačkin, mesto protagonista del racconto Il cappotto (1842) di Gogol'.

Successo editoriale a cui si è affiancata un altrettanto propizia saga cinematografica, che consta di ben 10 pellicole ma che di episodio in episodio ha perso di qualità e originalità, fino a giungere all’obliabile Fantozzi 2000 – La clonazione (1999) di Domenico Saverni. In questo caso un’affermazione attoriale più che autoriale, che gli ha consentito di trasporre al cinema, con risultati nettamente inferiori, gli altri due personaggi presentati in televisione a fine anni ‘60 (Professor Kranz e Giandomenico Fracchia), e lo ha convogliato in una recitazione che scivola in determinate movenze e vocalizzi, riscontrabili a volte finanche in La voce della luna (1990) di Federico Fellini.

Però è necessario apporre una chiosa. Nella fase cinematografica pre-fantozziana, nel quale Villaggio appariva in ruoli di secondo piano, l’attore genovese utilizzava già alcune caratteristiche e/o gags che diverranno poi iconiche nella saga di Fantozzi. Nel film d’esordio Eat It (1968) di Francesco Casaretti, commedia “Sessantottina” contro l’imperante pubblicità, Villaggio interpreta l’arcigno e al contempo servile Volpi, ossia un incrocio tra Calboni e il Rag. Ugo.

Ne I quattro del pater noster (1969) di Ruggero Deodato, parodia degli Spaghetti Western, è l’imbranato Eddy, e in una scena il compare Paul (Lino Toffolo) sbadatamente gli dà una martellata sulla mano. Eddy accusa il colpo con sguardo dolorante trattenendo il lancinante dolore, per poi rapidamente allontanarsi verso un angolo della stanza e ululare la sua sofferenza. Mentre in Pensando a te (1969) di Aldo Grimaldi, solito musicarello su misura per la coppia Al Bano e Romina, Villaggio recita il ruolo del vigile Filini, un personaggio “crasi” che unisce il cognome dell’ammorbante collega di Fantozzi e gli atteggiamenti da pusillanime del Ragioniere.

Fantozzi è un cult movie, con alcune scene divenute iconiche, come ad esempio il tentativo di prendere l’autobus al volo, la sgarrupata partita a pallone tra scapoli e ammogliati, le visioni cristologiche oppure il Capodanno gestito dal canagliesco Maestro Canello. Suddetto culto cinefilo è alimentato anche dal conio di nuovi termini verbali o il pedissequo uso del congiuntivo, sovente usati nelle imitazioni colloquiali. Osservandolo però con occhio critico, Fantozzi resta uno dei più efficaci ultimi epigoni della morente commedia all’italiana, e al contempo un suo superamento. Una descrizione precisa della società nostrana (umana e urbana).

Toni narrativi grotteschi e ironia feroce, come fosse un’estensione di un episodio de I mostri (1963) di Dino Risi; e non a caso Fantozzi è un mosaico di piccoli episodi infarciti di mostruosi personaggi. Una fotografia, curata da Erico Mencer, che predilige colori plumbei per porre l’accento su una realtà ormai deteriorata, come già era mirabilmente visibile ne In nome del popolo italiano (1971) di Dino Risi. Mentre ne è uno scavalcamento perché la comicità diviene più irrealistica, esasperata, con vistose fuoriuscite di fumo dalle orecchie, plastiche contorsioni, dita piallate oppure congelamenti irreali.

Fu lo stesso Paolo Villaggio a mettere in evidenza che prese spunto dai personaggi animati. Fantozzi, se fosse stato realizzato a Hollywood, sicuramente avrebbe avuto una versione cartoon, come già capitò a Lauren & Hardy o a Gianni e Pinotto. Negli episodi successivi le gag saranno sempre più esagerate, marcatamente demenziali, con Fantozzi sofferente ma indistruttibile come un pupazzo: infatti tra le varie storpiature del suo cognome si giunge a Pupazzi, in Fantozzi va in pensione (1987) di Neri Parenti. E nel “brooksiano” Superfantozzi (1986), quinto episodio sempre diretto da Parenti, si teorizza che sin dall’origine del creato è esisto un Fantozzi con moglie e figlia brutta, e vessazioni subite dai potenti di turno.

“Era inevitabile che un successo editoriale di questa portata avesse un risvolto cinematografico. […] Nel libro è stato più facile, in un certo senso, dare vita a certe situazioni paradossali. Il difficile è renderle con il linguaggio del cinema. Praticamente abbiamo dovuto sostituire l’iperbole verbale con un’iperbole visiva” (Paolo Villaggio).

L’avvio della trasposizione cinematografica del primo Fantozzi avviene nel 1974. La copia del trattamento, conservato presso la Biblioteca Luigi Chiarini (CSC), è a firma di Benvenuti e De Bernardi, consta di 84 pagine dattiloscritte e riporta come data agosto 1974. Mentre la sceneggiatura sarà poi redatta tra settembre e ottobre, con l’aggiunta in fase di scrittura di Luciano Salce e Paolo Villaggio. Il Fantozzi cinematografico è una cernita di racconti desunti dal primo e dal secondo volume, scelti tra quelli ritenuti più validi e comici.

Tale vaglio indica che non era scontato un successo pari a quello editoriale; infatti, dopo il grosso esito commerciale, altri episodi del primo libro saranno usati nel sequel, oppure ripescati per i successivi capitoli. Il trattamento è sostanzialmente uguale al film finale, ma ci sono alcune sequenze espunte o scene divenute iconiche originariamente nettamente differenti. La scena del bus in origine era uguale all’episodio del libro, ovvero Fantozzi esce dal palazzo dal portone, e invece di recarsi alla fermata, tenta una spericolata rincorsa verso lo sferragliante tram. Nello slancio manca il predellino e termina rovinosamente contro un banchetto che vende bibite.

In Fantozzi contro tutti (1980), codiretto da Paolo Villaggio e Neri Parenti, ci sarà una scena simile: durante la estenuante gara ciclistica Cobram, tre ciclisti, di giro in giro, fracasseranno un chiosco di verdure. Un’accentuata differenza c’è nell’episodio del rapimento della madre del Cavaliere Conte Catellani. Fantozzi la prende in ostaggio per qualche giorno, richiedendo un riscatto. Per salvare la madre, Catellani organizza una spietata caccia all’uomo, con l’ausilio di poliziotti, mastini e finanche ruffiani impiegati della Megaditta. Nel finale, convocato dal Megapresidente dopo le proteste rivoluzionarie, il Rag. Ugo non termina beatamente nell’agognato acquario, ma semplicemente si inginocchia chiedendo scusa, e si bea quando vede che sulla testa del Megapresidente appare un’aureola.

Maggiormente interessanti le scene espunte. Per il primo Fantozzi (presente fino alla sceneggiatura) era previsto l’intero episodio del casinò, utilizzato poi ne Il secondo tragico Fantozzi. Anch’essa presente nello script, per poi essere eliminata e trasferita nel seguito, la scena nel quale la Moglie Pina poggia sullo stomaco del marito una pezza bollente. In questa versione a Fantozzi appariva l’Arcangelo Gabriele, ma immaginava di vedere Greta Garbo. Eliso – e mai più usato – l’episodio ambientato in palestra, nel quale Fantozzi cercava grottescamente di perdere peso, riuscendo a dimagrire soltanto di un etto dopo esser rimasto bloccato dentro una sauna ad alta temperatura.

Tolta anche la sequenza del viaggio aziendale, organizzato da Filini, su uno scassato aeroplano. Detta scena sarà riarrangiata per il double bill Pappa e ciccia (1982) di Neri Parenti. Nel riadattamento resta la corsa del gruppetto di viaggiatori per accaparrarsi i posti migliori; l’aereo sgangherato; il pilota inesperto. Sono stati aggiunti: una hostess sboccata; la voragine che si crea nel corridoio dell’aereo, coperta con dei fogli di giornali. Scena, quest’ultima, a sua volta riusata in uno degli episodi de Le comiche 2 (1991) di Neri Parenti.