In occasione delle celebrazioni felliniane, proseguiamo con la pubblicazione di alcuni estratti di articoli che scrittori, poeti e intellettuali hanno dedicato al Maestro e al suo cinema, contenuti nel fondo Calendoli. Per dare un’ideale continuità alle riflessioni di Arbasino sulla frantumazione dei modelli letterari tradizionali in relazione con la rivoluzione attuata da Fellini nella scrittura per immagini, proponiamo un articolo di Luca Canali, grande latinista, scrittore e poeta scomparso nel 2014, su Fellini Satyricon (1969), apparso su "L’Espresso" il 23 febbraio 1969. Le sue considerazioni nascono da un coinvolgimento diretto nella sceneggiatura elaborata da Fellini e Zapponi. Il suo contributo fu fondamentale; selezionò i materiali delle diverse edizioni critiche del testo di Petronio, elaborò la prima stesura dei dialoghi in latino e infine collaborò attivamente alla definitiva resa in italiano. La lettura che dà Canali è dunque non solo interna all’opera, ma è in fieri. Fellini è nel pieno della realizzazione di un film frantumato e frammentario di un’opera a sua volta lacunosa e misteriosa quanto l’identità del suo autore. Ed è il Sessantotto. Che cosa mai avrà a che fare un antico romano con la società contemporanea? Moltissimo.

 

 

I rimorsi dell'antico romano

di Luca Canali

[...] Perché oggi, alla fine del nostro millennio, nel campo della letteratura latina sentiamo a noi congeniali soprattutto gli autori della ‘media età’ imperiale, quelli che, fra l'originario principato repubblicano di Cesare e di Augusto e il conclusivo "dominatus" di Diocleziano, produssero nel periodo che va da Nerone a Adriano, come Petronio, Seneca, Tacito, Giovenale, Marziale? La risposta penso possa essere questa: perché esiste una sorta di problematica affinità fra le due epoche. [...] Fu il trionfo del danaro, della demagogia controllata, dell'urbanesimo, dell'individualismo sfrenato e privo di falsi scrupoli, ma insieme la razionalizzazione dell'amministrazione delle province, il cosmopolitismo, la diffusione di un relativo benessere.

Petronio, Seneca, Lucano e Tacito partecipano entro certi limiti al potere dei principi. Complessivamente questi autori, in fondo tutti compromessi con il sistema che condannavano, e che li avrebbe quasi tutti schiantati (Lucano, Seneca e Petronio morirono suicidi) erano dei "contestatori integrati", cioè degli oppositori cui mancava un'alternativa possibile oltre quella dell'ambiguità personale [...] Tra costoro Petronio è forse il più sfuggente e concreto, il più spiritualmente nobile e turpe, il più trasognato e realista nella rappresentazione del brulichio umano, del suo inestinguibile "pastiche" esistenziale e linguistico. [...]

Ora Fellini sta lavorando al Satyricon: il senso di estraneità, di imprevedibilità, di mistero che egli sta dando alla sua libera trasposizione, è perfettamente motivato, come dicevo all'inizio; ma anche la comunicazione umana, pervicace nei suoi sentimenti e nei suoi eterni problemi, la vita, il sesso, l'amore, l'orrore, la gioia, la morte, ne sarà una componente inevitabile, anche se programmaticamente Fellini in questo caso non la volesse. Nel copione vi sono molti episodi inesistenti in Petronio. Ma il Satyricon è largamente lacunoso; riconosciamo a Fellini e a Zapponi il diritto alla congettura; non sarà ipotesi scientifica e filologica, ma fantastica. Del resto, senza fantasia neanche la grande scienza sarebbe possibile, mi sembra abbia detto Einstein.

Ho visto Fellini sul set, l'ho visto dominatore dei mostri e degli efebi da lui evocati, e da loro dominato; ho visto il distacco, talora disilluso, quasi doloroso, da quei fantocci dei quali egli non può fare a meno perché sono forse il suo e anche nostro attuale mondo. L'ho visto assorto e ammiccante, estemporaneo e minuzioso, distratto e tormentato, scurrile e tenero, saggio come un vecchio saggio e fragile come un bambino, sfinito e sempre pronto a ricominciare, superiore alla realtà che va inventando ma, insieme, ad essa profondamente legato.

Mi è sembrato di vedere un moderno Petronio.