Nelle numerose celebrazioni in ricordo di Freak Antoni, quella cinematografica (a testimonianza del bagaglio filmico che faceva parte dei testi degli Skiantos, ma non solo) spetta a Freakbeat, proiettato al Lumière martedì sera. Si tratta di un mockumentary, forse il genere di documentario più adatto al mondo della subculture rock (e si veda a proposito un recente, bel libro di Cristina Formenti). Il regista, Luca Pastore, lo presenta così: “Freakbeat non è un documentario e non è un film di finzione, è un esperimento: è il tentativo di raccontare in modo leggero e imprevedibile, quell’impalpabile follia anticonformista che, nata negli anni ’60 sulle tracce della rivoluzione intellettuale della Beat Generation, continua ad essere alla base della non-omologazione di intere generazioni, che sono ‘beat’ anche senza saperlo. Freakbeat si muove assolutamente nell’oggi, senza nostalgie, ma con la consapevolezza che l’utopia e la fantasia sono ingredienti essenziali da contrapporre al funzionalismo arido che troppo spesso tenta di dominarci”. E il film si presenta come road-movie emiliano alla ricerca del ‘sacro Graal’ del Grande Beat: il nastro perduto di una mitica session fra l’Equipe84 e Jimi Hendrix… Impossibile? Forse. Ma Freak Antoni, l’intellettuale demenziale, il teppista soffice, ci crede al punto da trascinare sua figlia Margherita su un vecchio furgone Volkswagen alla ricerca della mitica reliquia sonora. La ricerca del nastro è un pretesto per non arrendersi al cinismo e alla sterilità dell’Italia di oggi, per riaffermare il valore dell’utopia e dell’immaginazione, per creare un ponte generazionale tra Freak e sua figlia, alla quale il nostro eroe cerca di trasmettere qualcosa di sé. Durante il viaggio la coppia incontrerà personaggi storici del Grande Beat italiano, in una sorta di caccia al tesoro dall’esito incerto. Freak e Margherita arrivano fino all’unico uomo che può davvero sapere qualcosa: Maurizio Vandelli, che dopo una session con Freak rivelerà l’ultimo indizio. Il film è un tour psichedelico e demenziale, contrappuntato da una colonna sonora che raccoglie il meglio del beat italiano, spesso proposto attraverso videoclip che sono altrettante tappe del viaggio. La piovosa campagna emiliana è lo sfondo della ricerca, tra rosette alla mortadella e cascinali perduti nella nebbia. E offre il miglior addio possibile alla poliedrica personalità di Freak.