In mancanza di documenti che comprovino quali siano stati in modo circostanziato i tagli inferti al film, sono state avanzate varie ipotesi.
Secondo Fabrice Ziolkowski, “queste scene erano più esplicite sulla sorte di Hercules, l’uomo forzuto. Dato che il film insisteva sul tema della castrazione (corpi mutilati, deformati), sembra il risultato di un’azione censoria il fatto che, nelle copie attuali, Hercules appaia nella scena in cui urla vedendo avvicinarsi i membri del circo armati di coltelli e di altri strumenti da taglio, e poi la sua sorte sia lasciata così in sospeso. Nella versione originale si sarebbe dovuto ritrovare Hercules alla fine del flashback. Si vedeva Cleopatra nella sua fossa, trasformata in donna-anatra, e si vedeva Hercules cantare con un voce in falsetto, il che sottintendeva la sua castrazione da parte degli altri freak”. (Au-dèla de la dernière image de “Freaks”, “Cahiers du cinéma”, n. 288, maggio 1978).
Secondo Jacques Goimard (“Cinéma – l’Avant-scène”, n. 264, marzo 1981) dovevano esserci altre scene: fra queste, una sequenza che giustificava perché Hercules si prendesse gioco di Roscoe, il clown balbuziente; sarebbe stata abbreviata la scena del secondo incontro fra Cleopatra e Hans, il nano invaghito di lei; la sequenza fra Hercules e i fratelli Rollo mancherebbe della parte iniziale dove il primo avrebbe subito un’umiliazione che spiega la sua reazione successiva.
Secondo Leonardo Gandini (Tod Browning, Il Castoro cinema, 1996), “alla versione voluta da Browning, che durava circa un’ora e mezza, vengono tolti quasi trenta minuti: ad essere sacrificate, oltre al finale, sono diverse scenette comiche, mentre le notazioni di vita quotidiana sui freak subiscono un notevole ridimensionamento. Si potrebbe dedurre, da questi interventi, che l’intenzione di Thalberg sia stata quella di riportare il film sui binari dell’horror; tuttavia, l’eliminazione del finale, di cui viene conservato solo il momento in cui si alza il sipario sulla fine ingloriosa di Cleopatra, aveva costretto la produzione a ridurre anche l’unica, autentica scena terrificante del film, quella in cui i freak, muovendosi nel fango con i coltelli fra i denti, deturpano la trapezista (che nella versione definitiva vediamo semplicemente scappare nel bosco urlando) e si introducono nel carrozzone di Hercules per evirarlo. Per assurdo, i tagli avevano però reso necessario girare due ulteriori scene (non si sa se dirette da Browning): la prima, quella dell’imbonitore, serviva a spiegare la presenza conclusiva della donna-volatile; la seconda, un epilogo in cui Frieda, su insistenza di Phroso e Venere, torna da Hans e si ricongiunge a lui aveva lo scopo di dare comunque alla vicenda una parvenza di lieto fine”.
Per quanto riguarda la presente versione e le sue vicissitudini, invece, riportiamo la ricostruzione ancora di Jacques Goimard: “Freaks è uno dei film ‘maledetti’ per eccellenza. Le sue traversie cominciarono fin dai giorni delle riprese, iniziate il 9 novembre 1931 negli studi di Culver City, nonostante la riservatezza in cui erano state mantenute. Alcuni funzionari della MGM, infatti, cercarono in tutti i modi di mettere in cattiva luce il progetto agli occhi dei finanziatori dell’Est Coast, incaricati di vigilare sui conti della MGM. Poi “numerosi produttori, sotto la guida di Harry Rapf [uno dei produttori che facevano capo alla Metro], proposero di far circolare una petizione perché gli interpreti di Freaks venissero cacciati dagli studi.
Francis Scott Fitzgerald e Dwight Taylor cenavano insieme nella mensa dello studio quando alcuni dei ‘fenomeni’ vi fecero il loro ingresso e si sedettero. Quando Fitzgerald vide le sorelle siamesi consultarsi sulla scelta di un piatto, si alzò e se ne andò. Alla fine fu necessario far costruire un locale particolare soltanto destinato a loro nei pressi dello studio, dove furono sistemati. Soltanto agli Earles (i nani) e alle sorelle siamesi, che erano celebri, fu risparmiato questo trattamento.
All’improvviso la produzione proclamò il silenzio-stampa sulle riprese, sperando che la curiosità potesse avere la meglio sul disgusto: ma l’inquietudine serpeggiava fra il cast tecnico del film, che si sentiva isolato. Anche il montatore, Basil Wrangell, fece di tutto per essere trasferito ad un altro film; dichiarò che lo spettacolo dei freak alla moviola, per dieci ore al giorno, gli dava la nausea.
L’ultima speranza di Thalberg era che il clima di orrore attirasse il pubblico. Ma molti svenirono durante l’anteprima, che ebbe luogo agli inizi di gennaio a San Diego, e si concluse con la fuga degli spettatori. Si rimise il film in cantiere: molte scene scomparvero, a cominciare dalla castrazione di Hercules. Di contro, fu aggiunto un nuovo finale. [dove la nana Frieda consolava il nano Hans abbracciandolo e dichiarandogli il proprio amore]
[…] La versione riveduta, uscita il 10 febbraio, ebbe un’accoglienza molto negativa da parte del pubblico e della critica, con alcune eccezioni quali Boston, Buffalo, Cleveland, Saint-Paul, Minneapolis, Omaha e Houston, dove gli incassi, stranamente, furono superiori alla media.
La maledizione di Freaks era soltanto all’inizio e non si fermò lì. All’estero l’accoglienza fu altrettanto negativa, particolarmente in Gran Bretagna dove il film fu addirittura proibito e lo rimase per trent’anni. Dwain Esper, un regista e produttore di b-movies, tentò di rieditarlo nel 1948 sotto i titoli di Nature’s Mistake, The Monster Show e Forbidden Love, con slogan pubblicitari tendenziosi (“Le sorelle siamesi fanno l’amore?”, “Qual’è il sesso dell’androgino?”) e un prologo che affermava come la storia, la religione, il folklore e la leggenda abbondassero di esempi di individui deformi che avevano cambiato il corso della storia: Golia, Calibano, Frankenstein, Gloucester, Tom Pouce e il kaiser Guglielmo (sic!). Il prologo si concludeva auspicando che, fortunatamente, la scienza moderna avrebbe presto eliminato simili errori della natura. Queste frasi degne del nazismo non cambiarono le sorti del film.
[…] Per la riabilitazione si dovette attendere il festival di Cannes nel 1962, poi la mostra di Venezia nel 1967. Uscì nuovamente a Parigi, allo Studio de l’Étoile, nel 1969, dove, per la prima volta, fu festeggiato dalla quasi totalità dei critici.”
(Jacques Goimard, Le Jour où les maudits prirent la parole, “Cinéma – l’Avant-scène”, n. 264, marzo 1981)