Il motivetto jazz di un sassofono, un cortese sorriso indorato da una luce “smarmellata”, le ultime novità romantiche di un'amica. Ma tutto a un tratto un'inquietudine si insinua in questa scena da soap statunitense. Un americano di spalle, potrebbe essere chiunque (d'altronde, “tutti gli americani si assomigliano”) o potrebbe essere il grande amore perduto, l'unico uomo che potrebbe spezzare la monotonia della vita di Jeanne? L'americano si avvicina a lei, proferisce il suo nome.
L'inquietudine si fa spaesamento e angoscia nel volto di Delphine Seyrig. La sua ennesima Jeanne confortata dalla mediocrità del quotidiano, abituata a vendere vestiti tutti simili ad anonimi clienti, si trova ora ad affrontare per la prima volta dopo anni il proprio latente desiderio d'amore. Ma ecco un'opportunità: entra una cliente, Jeanne prende coraggio, sfoggia nuovamente il suo sorriso di cortesia e gli affari possono continuare come al solito.
Nella circolazione perpetua di persone e sentimenti che caratterizza Golden Eighties, solo al personaggio di Jeanne sono concessi questi momenti di rottura del quotidiano in cui poter immaginare una vita radicalmente diversa, altrove, lontano dal microcosmo della galleria parigina in cui è rinchiusa. La dinamica tra angoscia e negazione si ripete costantemente divenendo anche questa un altro dei numeri dello spettacolo.
Nell'oscurità della sala cinematografica Eli confessa a un'incantata Jeanne d'averla sognata tutti questi anni, ma lei deve tornare prontamente al proprio negozio di vestiti adiacente al cinema. Che potere può avere il buio della sala rispetto allo scintillio di una vetrina? E quale sarebbe la reale differenza tra la loro storia passata e qualunque altro racconto amoroso che transita fugacemente per bocca, lettera o televisione?
Il musical hollywoodiano ha integralmente sostituito la realtà: nei negozi non si vendono servizi ma sentimenti; ogni movimento si trasforma in un numero coreografato di canto e ballo; la singolare, intima parola d'amore diventa discorso pubblico, chiacchiera da bar. Si esiste solo se si rientra nel discorso pubblico e ci si innamora solo per esistere nel discorso pubblico.
I corèuti che nella tradizione greca avevano la funzione di rivelare l'essenza dei personaggi oggi sono semplici parrucchiere pettegole. I personaggi invece prendono la scena uno alla volta come fossero parte di una scaletta televisiva. Ognuno ha la propria battuta sagace, il proprio momento di splendore davanti alla camera, prima di tornare nell'insignificanza del fuori campo.
Golden Eighties esibisce con lucidità dialettica la vetrinizzazione del mondo moderno costringendo lo spettatore a fare i conti con il proprio sguardo ormai sempre più esposto e ossessionato da schermi di vario genere e con i propri automatismi emotivi in una società iper-industrializzata caratterizzata dalla riproduzione seriale pressoché illimitata anche delle emozioni.
Nell'ultima scena, finalmente fuoriusciti dallo spazio circoscritto della galleria, il marito di Jeanne, proprietario del negozio di abiti, proclama che l'amore è come un vestito, bisogna indossarlo se no si esce nudi per strada. Condanna definitiva dell'oscenità di quell'amore romantico che continuerà a tormentare occasionalmente la moglie quando esposta alla vertigine dell'origine.