Quello circense è un ambiente spesso esplorato dal cinema per la sua valenza polisemantica. Le narrazioni più recenti, seguendo la via tracciata da Freaks, ne fanno un luogo inquietante abitato da mostri e psicopatici, come Il tunnel dell’orrore di Hooper o i più recenti Ballata dell’odio e dell’amore di De La Iglesia e American Horror Story - Freak Show. Un’altra chiave di lettura moderna, di cui Fellini è il maggiore interprete, è la nostalgia per un tipo di spettacolo più sincero e meno sofisticato oramai perduto (esaustivo quanto indimenticabile il finale amaro di I clowns). Per Chaplin il circo è un vicino parente, ce l’ha nel sangue. I suoi primi passi nel mondo dello spettacolo sono infatti accanto alla madre, attrice e cantante di music hall (tipologia di spettacolo simile al varietà), per poi proseguire la tradizione di famiglia integrandola a performance più tradizionalmente circensi nel gruppo Il circo di Casey.
Chaplin rende omaggio, con questo film, a una forma d’arte popolare che rispetta profondamente con una commedia sentimentale dal ritmo frenetico. Il controllo che possiede sul film nella sua quadruplice veste di regista, sceneggiatore, produttore e attore gli permette di arrivare a girare le scene per diverse centinaia di volte e dispendere importanti quantità di denaro anche solo per i numerosi animali che compaiono. L’indipendenza creativa di cui gode non è affatto cosa comune per l’epoca e Chaplin ne è consapevole, quindi decide di inserire il personaggio del proprietario del circo sempre pronto a licenziare un suo artista, indipendentemente dal suo talento, nel momento i cui smette di riscuotere il favore del pubblico.
Insieme a questa amara considerazione sulla popolarità in campo artistico, Chaplin si interroga sul funzionamento della comicità. Il circo dove si svolge la storia è sempre meno attraente per gli spettatori che, in numero esiguo, sonnecchiano durante lo spettacolo o offendono gli artisti giudicati incapaci. Charlot entra in scena casualmente e attira immediatamente l’attenzione del pubblico grazie alla spontaneità con cui si cimenta in prove di goffaggine. Il vagabondo è peraltro l’unico personaggio in tutto il film a ridere dei numeri comici dei clowns, facendosi interprete di un gusto popolare infantile e schietto che sta scomparendo. Chaplin sembra suggerire che la comicità nasca dalla naturalezza quanto dalla disposizione d’animo, poiché alla delusione amorosa di Charlot corrisponde l’insuccesso delle sue esibizioni. Sentimentale e riflessivo, Il circo non gode purtroppo della stessa fama del successivo Luci della città, segno del fatto, forse, che le considerazioni di Chaplin erano giuste.