Tratto dal romanzo di William Lindsay Gresham, La fiera delle illusioni (Nightmare Alley) di Edmund Goulding è uno di quei film che si contraddistingue per un invidiabile ritmo e compattezza, esaltati dallo stile asciutto, dalla fotografia espressiva e dalle interpretazioni: tutti elementi che incidono sulla riuscita generale del film più del mero sviluppo della trama. È una storia di ambizione, dimensioni dell’ego e risvolti psicanalitici collocata dove non ti aspetti: tra un circo itinerante e i night club, dai bordi della rispettabilità sociale ai luoghi dell'intrattenimento dell'alta società, in un mondo dove comunque vigono gerarchie, invidie, successi e insuccessi, e diversi gradi di emarginazione.
Tyrone Power era in cerca di personaggi combattuti e sfaccettati da interpretare quando si imbatte in Stan Carlisle, uno sveglio tuttofare che ambisce a diventare un mago famoso e cambiare vita. Si avvia a farlo grazie all'aiuto della "veggente" Zeena (Joan Blondell) e dei suoi codici segreti che permettono di ingannare adeguatamente il pubblico, a patto di saperli maneggiare e di avere una spalla giusta, che Stan troverà nella giovane Molly.
Trucchi e dinamiche che si tramandano non solo come attrezzi del mestiere ma come scelte esistenziali: così come la “figura materna” Zeena aveva scelto di assistere e salvare si assicurava la riuscita del numero del compagno di avventure e sventure, che aveva scelto di assistere e salvare, ora Stan e Molly ripercorrono altrove un percorso simile. L’hybris di Stan è maggiore, con altrettanti ostacoli e con la stessa facilità di cadere in una spirale di incubo, senso di colpa e autodistruzione. Quando il protagonista incontra sulla sua strada una psicanalista incuriosita dal suo numero e dalle motivazioni inconsce dietro il suo agire, comincia a perdere il controllo sulle sue stesse convinzioni.
Il geek, una versione del fenomeno da baraccone che è qui, e soprattutto nel romanzo di partenza, particolarmente interconnessa all’emarginazione sociale, rimane fuori campo ma incombe come un monito alla degenerazione delle intenzioni e delle azioni. Nightmare Alley è anche una carrellata di figure ai margini esposte a fragilità, errori, cadute, una galleria di incubi tra psiche e aspettative sociali che prendono forma nei cambiamenti dei movimenti e delle smorfie del volto di Power. Un materiale che ha ancora del potenziale, come dimostra l’attuale produzione di un remake a firma di Guillermo Del Toro, che forse riaccenderà ulteriormente l’attenzione sul libro e sul suo storico adattamento.