Luciano Salce mostra anche in questo film una capacità che gli era davvero propria, nella scrittura come nella regia: concretizzare e rendere visibile nei personaggi una tensione sociale importante, unica e sfaccettata come quella instillata dal fascismo, rendendola umana e comprensibile tra una lacrima e una risata. In un road movie povero nei suoi paesaggi, ma irresistibile nel suo dinamismo, seguiamo due personaggi antitetici con personalità forti e indimenticabili. Il professor Bonafé, intellettuale di sinistra guidato dalla mente, e il camerata Primo Arcovazzi, fascista fino alla suola delle scarpe e guidato solo dal cuore. Due uomini che rappresentano due modi di vedere il mondo e di aggrapparsi a qualcosa in un momento di completo caos, uno alla cultura e l’altro alla dottrina di Mussolini, e che rappresentano due diverse pulsioni che hanno animato il nostro paese nei suoi anni più bui. Però entrambi sono molto di più delle rispettive credenze: sono anche uomini che alla fine della giornata cedono ai sentimenti, ognuno a suo modo. Chi cede le pagine del suo libro per girare una sigaretta, chi cede lo spazio per un confronto, e quello che rimane alla fine è l’esperienza di questo lungo percorso insieme, tra attriti, fughe, furti, esplosioni e soprattutto condivisione, vissuta appieno anche dallo spettatore. Professore e soldato restano ognuno della propria idea, però escono arricchiti dal viaggio, che gli ha concesso uno spazio, fuori dalla frenesia degli ultimi giorni del conflitto, in cui rivelare i propri sogni e desideri. Una lezione di empatia.
Questo film ha le caratteristiche ideali anche per la spiegazione del conflitto in Italia ai ragazzi delle scuole. Il suo tono è esuberante e scanzonato, e ogni episodio di questa storia vive sempre su due livelli, quello personale delle vicende dei protagonisti e quello di sfondo, dove vediamo il rapporto con i tedeschi, con gli americani, con i contadini delle province, con i commilitoni fascisti. Un vero quadro in movimento che riporta il ventaglio di situazioni ed esperienze che hanno contraddistinto il paese, attraverso la struttura del racconto a episodi che si presta perfettamente alla complessità di questo contesto, come si era già visto in un film per altro molto diverso come Ladri di biciclette.
Sono film come questo che testimoniano l’acuta osservazione e l’infinita creatività degli autori italiani di quegli anni e che hanno fondato la commedia all’italiana, quel preciso incontro di dramma e risata che ha reso unico il nostro cinema. Ed è un arricchimento costante per gli appassionati scoprire lo stesso ottimo equilibrio in decine e decine di film, a differenza da ciò che vediamo nel cinema italiano odierno. Traspare l’urgenza dei temi, ma ancor di più l’ingegno della scrittura nel condensare numerosi elementi, tutti importanti, dando ad ognuno il giusto peso all’interno di una singola storia. Possiamo immaginare che gli strumenti per scrivere ancora con tanta economia, sintesi, creatività e ingegno ci siano ancora nel nostro paese, ma quindi cosa manca? Le tensioni di oggi non sono forse nette come quelle dell’Italia del dopoguerra, ma sembra più assente lo sguardo per carpirne le sfumature.