A Newcastle, profondo Nord Irlanda, un arzillo sessantenne poco incline al posto fisso e molto più alla scrittura batte a macchina con la pipa in bocca mentre la moglie Dorothy si affanna in casa, la loro e quella in cui fa la governante. “Papà scrive e mamma è sempre lì a pulire”, spiega Jackie a Kenny per riassumere il menage consolidato che incolla i loro genitori alla nevrosi luttuosa che li accompagna dalla morte di Marian, terza sorella, scomparsa diciottenne qualche anno prima in un incidente. Chi prova a reagire, il discolo Kempton, colto, allegramente indisciplinato e dedito a cause perse quanto giuste, e chi si chiude con rimbrottante riservatezza in un dignitoso lutto privato, come regina comanda.
Ma più che di The Queen, Il ritratto del duca di Roger Michell ha il tono di Lady Henderson presenta, sempre di Frears, sotto i cieli di Le ceneri di Angela di Alan Parker, di cui si propone quale controcanto lieve e solare. E trova un'occasione per inscriversi nella migliore tradizione del cinema britannico, tracciata, va detto, più dai due più celebri colleghi che non da lui. Peccato, quindi, per il regista del non indimenticabile Notting Hill, morto poco dopo la fine delle riprese di The Duke, non essersi potuto godere il favore tributato al suo piccolo brillante film, forse il migliore della sua carriera.
Peccato perché non solo, come prevedibile, i protagonisti Broadbent e Mirren si calano nei personaggi con una disinvoltura e un piacere consumati, ma anche per l'evidenza dello stile visivo, sicuro e conciso -quest'ultima soprattutto qualità che faceva difetto a Notting Hill-, che ritma la leggerezza della sceneggiatura. La vicenda, reale fatto di cronaca avvenuto all'alba del decennio della Swinging London, è quella del furto alla National Gallery della capitale inglese del quadro di Goya che ritrae il duca di Wellington, manco a dirlo uno dei tanti nemici ideologici di Kempton, campione di altruismo e princìpi. Bunton sostenne in realtà nel vivace processo che lo vide imputato, romanzato in modo divertito dal film, di aver rapito il dipinto, più che rubato, con lo scopo di farne oggetto di riscatto a fini umanitari: pagare a tutti i pensionati inglesi il canone della BBC, sulla scia della medesima battaglia ideologica per la quale lo vediamo finire in gattabuia proprio a inizio racconto.
Fra inquadrature fortemente angolate, dall'alto e dal basso, destino che schiaccia le prime e forza vitale che preme le seconde, soffitti bassi che allungano le figure e corridoi angusti che le stritolano, ne Il ritratto del duca è l'aperta enfasi dell'illuminazione a dirci cosa guardare e come: il fugace sguardo di tristezza sul volto di Kempton che seduto sul letto ripensa alla figlia, l'umore inconsolabile di Dorothy, presa fra colpa e rabbia, la tristezza di una casa buia in cui positività e fiducia possono ancora tornare, veicolate dallo spirito creativo di Kempton, luce che irrompe dalla finestra di una cella e dalla vetrata di un'aula di tribunale in cui si ricompattano generazioni, strati sociali e legami.