“Ho cercato di immaginare come dovesse essere

la vita della ragazza lettone, così alta e bionda,

in quell’isola di fuoco e cenere, tra i pescatori

piccoli e bruni e le donne dagli occhi splendenti

pallide e sciupate dalle gravidanze.

Guardandosi negli occhi vi avevano letto l’anima.

In quelli mobili e intelligenti di lui,

lei aveva scorto la sua semplicità e il suo tormento,

la sua forza e la sua tenerezza”.

(Telegramma originale di Roberto Rossellini a Ingrid Bergman, cit. in Gianni Rondolino, Roberto Rossellini, Torino, Utet, 1989, p. 157).

Solitamente non è questo il telegramma che viene riportato in quasi tutti i manuali di cinema che analizzano le opere di Roberto Rossellini e, in particolar modo, il progetto Stromboli, terra di Dio. Piuttosto si ritorna a quella lettera di presentazione del 1948, con cui una giovane attrice svedese dichiarava la sua pronta disponibilità a lavorare con il padre del Neorealismo italiano, riponendo ogni speranza di essere accolta nell’unica frase che fosse in grado di dire in italiano: “ti amo”.

La lettera era firmata da Ingrid Bergman e Stromboli, terra di Dio - “l’isola di Rossellini”, come la definì Ennio Flaiano nella rivista Il Mondo – non soltanto venne conosciuto come il più grande scandalo cinematografico-sentimentale di tutti tempi tra Hollywood, la Roma del dopoguerra e la natura mitica e primitiva delle Eolie, ma l’isola stessa come un vero faro naturale del mare indicò al regista di Roma città aperta una nuova rotta per un cinema che rompeva definitivamente le regole e gli schemi convenzionali.

Triangolo grande la Sicilia, triangolino le Eolie. Celate negli abissi delle profondità marine, lasciano in superficie solo una parte della loro potenza. Lo sanno bene il Principe di Villafranca e duca di Salaparuta, Francesco Alliata, leggendario fondatore della Panaria Film, e altri quattro personaggi aristocratici siciliani che, finita la guerra, diventeranno scopritori della vocazione turistica delle Isole Eolie e inventori del cinema subacqueo.

Lo scenario artistico che raccontano vive di pesca, agricoltura, cave di pietra pomice, ma soprattutto di fuoco ed erosione. Una suggestione ideale, più che sufficiente a Rossellini per far partire il nuovo ciak. Dopo aver immaginato il mondo come un luogo popolato di eroi di tutte le guerre e la vita quale un lungo lieto fine complicato da amabili ostacoli, d’ora in poi il regista s’investe del ruolo di mero testimone di una storia imbastita dalle cortine di vapori che fuoriescono da vistose cicatrici, come quelle che porta sulla pelle la gente che sulle isole dell’arcipelago eoliano vive e/o sopravvive.

“Puoi immaginare come mi possa sentire qui, padre, una straniera. Queste rocce nere, questa desolazione, questo terrore. Quest'isola mi fa diventare matta”. Karin, la protagonista di questo documentario dello spirito interpretata dalla Bergman, è una profuga lituana che fugge dalla prigione dei campi per stranieri della seconda guerra mondiale sposando Antonio, un pescatore di Stromboli che era una delle sentinelle nel campo di prigionia.

Nelle viscere della terra, in mare aperto, tirando le reti, anche la gente dell’isola dove approda Karin/Ingrid sembra scontare una prigione all’aperto, pagando attraverso la fatica delle mani. Ma per loro abitare la desolazione è possibile, accettare la realtà quotidiana, fatta della mattanza del tonno o della selvaggina da cacciare, non pesa e non vi è alcun angolo del mondo ove non starebbero meglio di lì. Spietata verità nella sua semplicità. Rossellini non inventa nulla. Guarda negli occhi della sua Musa, si conoscono; forse lei riconosce se stessa in questa sua nuova avventura artistica e come ne Il Barone rampante di Calvino, “pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così”.

Nell’arcipelago, tuttavia, in quella primavera-estate del 1949 non ci sono soltanto Roberto Rossellini e Ingrid Bergman. L’energia dei vulcani rapisce come in un incantesimo di lava – e di gelosia - anche Anna Magnani. Con la diva giunta alle Eolie il 7 giugno, Vulcano diretto da Dieterle e prodotto dalla stessa Magnani sarà il film rivale, che la vedrà protagonista per sfogare la sua rabbia di donna tradita.

Maddalena è una prostituta emigrata che torna sull’isola per cambiare e costruirsi una nuova vita, ma continua a essere malvista dalle isolane che le impediscono di avvicinarsi anche ai luoghi di culto. Soltanto il vulcano potrà accoglierla senza intimarle di andarsene. “Volete mettermi alla disperazione?”, chiede Maddalena/Anna. Ed è con questa sua domanda (nel monologo della mattina a messa con le comari dell’isola) che Magnani sfida Bergman.

È guerra dichiarata. I veri vulcani sono le due donne dal carattere forte che, pur nelle differenti contingenze, si troveranno a condividere uno stesso destino segnato dall’isolamento geografico e dalla solitudine derivata dalla loro incapacità di accettare la realtà quotidiana. “Chi ha trattenuto quella gente su un vulcano spento?” si chiedeva Dumas nel suo Viaggio nelle Eolie. Ingrid, Anna e Roberto hanno scalato quelle terre per scoprirne i segreti.