Risale agli anni dieci del secolo scorso la scoperta, da parte delle case di produzione, della struttura seriale come forma di fidelizzazione del pubblico. Attraverso una felice interazione tra editoria e cinema si diffonde soprattutto in America la moda di associare alla visione cinematografica i feuilleton, dove agli episodi proiettati sul grande schermo seguono gli inserti a puntate sui quotidiani a maggior tiratura, con le interminabili gesta poliziesche o d’avventura dell’eroe/eroina di turno che vengono importati con successo anche nel mercato europeo.
L'industria francese non resta a guardare: Pathé, Gaumont ed Eclair investono cospicui budget e cercano di produrre nuovi personaggi da serializzare per conquistare un pubblico sempre più numeroso e trasversale alle classi sociali.
La Gaumont, dopo gli strepitosi successi del genio del male Fantômas e di Les Vampires (con la seducente e oscura apache dedita al crimine interpretata da Musidora) propone a Louis Feuillade di realizzare una nuova serie con un eroe positivo, difensore della legge e della sicurezza, tenendo conto delle pressioni dell’opinione pubblica e della prefettura di polizia francese che non vedeva di buon occhio l’enorme seguito conquistato dalle precedenti produzioni in un periodo di dilagante criminalità nella metropoli.
È la volta di Judex, un cinéroman in 12 episodi compiuti ed un prologo, in cui Arthur Bernède, abile scrittore seriale, è incaricato di scrivere le puntate che compaiono settimanalmente sul popolare "Petit Parisien", realizzando nuovamente quella costellazione mediale che ne decreterà il successo.
La storia, un melodramma d’avventura calato nell’intreccio iperbolico sotteso allo stile del feuilleton, è un susseguirsi di colpi di scena, false morti, orfani, eredità perdute ed espedienti narrativi vari sin dal prologo: Favraux (Louis Leubas ), un banchiere senza scrupoli, riceve una nota minacciosa, firmata da Judex (René Cresté), che gli chiede di versare metà del suo patrimonio all’Ufficio della Pubblica Assistenza per risarcire le persone che ha truffato e ridotto in miseria. Lui rifiuta e apparentemente muore (presumibilmente avvelenato) dopo un brindisi di mezzanotte al suo ballo in maschera.
L’eroe misterioso rapisce l'usurpatore e lo rinchiude nelle cantine del suo rifugio, il castello di Sablons, ma i suoi piani vengono sventati dalla perfida Diana Monti (Musidora), che col sodale Moralès vuole mettere le mani sul patrimonio del banchiere e cerca di far sparire sua figlia Jacqueline (Yvette Andréyor), mentre Judex veglia su di lei con tutto il suo amore.
Louis Feuillade affida il ruolo da protagonista a René Cresté, che con il suo aspetto aristocratico, il cappello a tesa larga e il mantello sancisce in modo definitivo il successo del personaggio, mentre Musidora, abbandonata la silhouette fasciata in calzamaglia di seta nera di Irma Vep, tanto cara ai surrealisti, qui veste i panni non meno oscuri di Diana Monti, l’avventuriera antagonista di Judex, sfoggiando una moltitudine di abiti seducenti e ricercati e una recitazione minimalista.
L’ultima serie di Feuillade è popolata da figure femminili in cui risuona l’immagine della donna moderna, agile, volitiva, determinata, che si è appena affacciata sulla scena sociale del ventesimo secolo e vuole su di sé i riflettori, sottraendoli al protagonista maschile di turno.
Il Judex di Renè Crest, sebbene abbia il phisique du role e sia l’eroe deputato a liberare il mondo dall’ingiustizia, alla fine risulta un po’ ingessato e viene quasi superato in audacia, astuzia e coraggio dai personaggi femminili: non solo dalla perfida Diana Monti-Musidora, che escogita piani e fa avanzare l’azione senza esitare ad impugnare persino le armi se necessario, ma anche da Daisy, nuotatrice provetta (fidanzata dell’inetto investigatore Coccantin) a cui spetta il compito nel penultimo episodio di salvare l’eroe destinato a morte sicura, dopo averlo liberato dalle grinfie dei malviventi, dando grande prova di potenza fisica nel raggiungere a nuoto il vascello.