Onesto e senza freni. Il lungometraggio di D. Smith, musicista qui alla suo debutto come filmmaker, è un mix scoppiettante di cultura afroamericana e trans, dove le protagoniste al centro dell’opera brillano. Ognuna di loro racconta la propria storia di transizione e scoperta di sé, i rischi vissuti, la mancata accettazione famigliare, l’amore; chi dirige è estremamente rispettoso nel lasciare spazio alla narrazione – grazie al formato talking head – seppur compiendo delle scelte registiche e musicali che si fondono e abbinano perfettamente con l’energia di chi è in scena.

Il titolo del documentario si ispira al brano dei Beach Boys che identificano nell’isola di Kokomo quel luogo dove tutti possono vivere serenità, scappando da tutto e ritrovando solo il piacere di essere sé stessi. Questa libertà e pace totale è quella a cui anelano anche le quattro protagoniste che, pur avendo trovato una loro dimensione, comunque vivono in condizioni precarie dettate dalla professione di sex worker e dalla violenza transfobica; tra queste, Koko, è stata uccisa nell’aprile 2023 ad Atlanta, pochi mesi dopo la premiere del film.

Kokomo City (presentato a Gender Bender 2024 e presente anche su MUBI) è quindi un film che ragiona sui diritti e la tutela delle donne trans negli Stati Uniti, lo fa attraverso le parole di chi subisce ogni giorno minacce e soprusi e verso cui manca sia una risposta delle forze dell’ordine che dei media. La bravura di D. Smith nella creazione di quest’opera risiede nel creare uno spazio libero e incensurato dove sono proprio queste donne ha esprimersi in merito alla propria condizione di vita, senza retorica ed “eroismi”.

Alla storie di vite delle quattro protagoniste – Koko, Daniella, Liyah e Dominique – viene affiancato il racconto e la prospettiva degli uomini cis che si approcciano romanticamente e sessualmente a loro. Tra chi le considera come meri oggetti sessuali a chi si innamora della loro persona, porre l’attenzione sulla vita relazionale delle donne trans permette al film di porre un ulteriore tema della già citata necessità di godere di pieni diritti e di non permanere in uno stato di precarietà assoluta; sembra assurdo dover asserire, nel ventunesimo secolo, che il primario messaggio del film è sottolineare che le donne trans sono persone che meritano amore, rispetto, gentilezza e riconoscimento. Come qualunque altro essere umano.

Smith dà voce ha una comunità ai margini e lo fa con una consapevolezza straordinaria. L’opera pone al centro quattro donne straordinarie, bellissime e incredibilmente forti, ma pone il focus soprattutto sulle dinamiche di allontanamento e scontro che si verificano in una società statunitense piena di controversie, controsensi, rabbia e ferite dettate dall’eredità segregazionista che sono tutt’altro che rimarginate.

Kokomo City è il punto di partenza allora, non la meta del viaggio; il luogo dove Koko, Daniella, Liyah e Domique hanno potuto elaborare la loro identità di donne trans afroamericane, ma non sicuramente quello dove potranno vivere a pieno questa loro esistenza.