"Quella che anche a te/La vita rubò, è lei,/La bella dama senza pietà" - Angelo Branduardi
L'idea della bella dama senza pietà ritorna nella letteratura e nel cinema. All'epoca del muto era una tematica ricorrente e la stessa Dulac aveva in parte affrontato il poco tempo prima con La Fête Espagnole, che partiva però da una sceneggiatura di Louis Delluc. In La belle dame sans merci la Dulac cura sia la regia che la sceneggiatura e, al solito canovaccio del genere, aggiunge un elemento di novità dato da un secondo personaggio femminile che emerge per positività e compostezza.
Se da una parte abbiamo Lola de Sandoval (Tania Daleyme), artista resa tanto perfida quanto brava da una delusione amorosa, dall’altra abbiamo la contessa d’Amaury (Denise Lorys), donna gentile, intelligente e premurosa. Anello di congiunzione tra loro è il conte di Amaury, proprio colui che aveva spezzato il giovane cuore di Lola trasformandola nel mostro senza cuore che tutta Francia conosceva, amava e temeva. Per pura vendetta nei confronti del vecchio amante, la “bella dama senza pietà” arriverà a cercare di distruggere la famiglia d’Amaury, seducendo nuovamente il conte ma anche il figlio dello stesso e costringendo la contessa a prendere in considerazione una fuga con uno spasimante di lunga data. Eppure tutto alla fine si sistemerà e, nonostante tutto, la famiglia d’Amaury sarà ancora più unita di prima.
La Dulac non è mai banale nella costruzione delle sue vicende e anche qui riesce a dare il suo tocco personale a quello che forse è il suo film “più tradizionale”. L’ambientazione è quella borghese di tanti film coevi ma vi è un’attenzione particolare all’evoluzione dei personaggi e alla loro psicologia che raramente si trova altrove. Lo stesso finale spezza le regole classiche del genere evitando l’epilogo tragico, che viene però sventolato davanti al naso dello spettatore, come a prendersi gioco di lui, con il ferimento, che si rivelerà non mortale, del figlio del conte di Amaury. Quello che lascia interdetti è però il messaggio finale, che emerge piuttosto criptico da una lettera inviata da Lola alla contessa: solo la sofferenza permette alle donne di ottenere il potere sugli uomini. Così in effetti succederà e la donna sofferente riacquisterà finalmente l’affetto di marito e figlio.