Di coppie che bucano lo schermo, all’interno della storia del cinema, e le cui interpretazioni diventano indimenticabili ce ne sono sicuramente tante e forse non tutti ricordando le stesse. Da Clarke Gable e Vivien Leigh a Lauren Bacall e Humphrey Bogart, da James Stewart e Kim Novak a George Peppard e Audrey Hepburn, da Jean Seberg e Jean-Paul Belmondo a Sophia Loren e Marcello Mastroianni, una lista che può solo allungarsi. Tra queste comunque rientra e spicca la coppia formata da Katharine Hepburn e Spencer Tracy, insieme in nove film.
La donna del giorno di George Stevens è il primo film in cui la coppia recita insieme e narra la storia di due giornalisti. Lei si occupa di politica internazionale e lui è un cronista sportivo, in un primo momento si scontrano e si odiano poi, come è noto, si innamorano. L’eccezionale carriera di Tess non le permette di dedicare a Sam e al loro matrimonio le giuste attenzioni e così iniziano le crisi. E ciò che al principio era tollerato, un po’ per la confusione nella testa di Sam e un po’ per il potere che Tess è in grado di esercitare su di lui, a un certo punto diventa ingiustificabile. Si pensi all’incursione, in camera da letto la prima notte di nozze, di un intero comitato per una riunione d’emergenza e alla progressiva noncuranza delle buone maniere da parte di Sam verso la moglie, il suo segretario e i suoi contatti.
Woman of the Year è una commedia che invecchia meglio di altre, la sua tematica è a suo modo vicina ai dibattiti contemporanei sull’equilibrio all’interno della coppia e sul ruolo dell’uomo e della donna che vengono costantemente parodizzati. Stevens dirige poi i suoi attori seguendoli all’interno delle scene e dona loro un palco dove possono esprimere sinceramente le loro emozioni più recondite. Così basta un primo piano su Tracy per cogliere la sua crescente irritazione per gli atteggiamenti della compagna o per l’estraniazione che prova all’interno della festa, quando tutti gli altri invitati non parlano inglese.
E, all’interno della bella sequenza di seduzione, Stevens orchestra e rende concreti i corpi di Tracy e della Hepburn che avvolti dall’ombra, tra i chiari e scuri del bianco e nero, finiscono per diventare due sagome che non desiderano altro che fondersi in una, il contrario di quanto succede nella danza in cui Fred Astaire in Follie d’inverno di Stevens si separa dalle sue stesse ombre. Qui infatti i personaggi non subiscono gravi smussature dei loro difetti ed anzi, ne fanno praticamente un vanto; da un lato colonne portanti per la narrazione, dall’altro perno per lo spessore dei continui momenti comici.
La massima esibizione delle “mancanze” di Tess è ben visibile nella celebre sequenza finale, quando la macchina da presa si fa spettatrice primaria della progressiva crescita di nevrosi della Hepburn durante l’esilarante preparazione della colazione. L’uso di un ritmo lento nella direzione della cinepresa da parte di Stevens e la frenesia interna all’inquadratura creano quindi alcune scene che ad oggi portano lo spettatore, alla fine della proiezione, ad avere un delicato dolore alle guance.