Ci sono tre piccole gemme nascoste nel grande scrigno del cinema muto d’animazione e lo dobbiamo al fumettista e illustratore Winsor McCay. Il papà di Little Nemo, serie a fumetti nata nel 1905 che illustra le mirabolanti avventure nel mondo dei sogni di Nemo, un bambino di cinque anni, si dà all’animazione traendo spunto da un altro suo lavoro a strisce e balloon pubblicato dal 1904 al 1913 intitolato Dream of The Rarebit Fiend. Il titolo è difficilmente traducibile in italiano (si azzarda con un “Sogni di un divoratore di crostini”): il Welsh Rarebit è una leccornia di origine gallese, una specie di crostino inzuppato nel formaggio fuso che crea una sorta di dipendenza e porta all’indigestione, mentre fiend significa “demone”, quindi “incubo”.
Ebbene, una bella scorpacciata di rarebit prima di andare a dormire dà origine a strani sogni, talvolta innocui, spesso inquietanti e spaventosi. I protagonisti del fumetto e delle trasposizioni su grande schermo sono solitamente un’ordinaria e noiosa coppia borghese di mezza età: lui porta a casa il pane e borbotta, lei starnazza e si prende cura delle mura domestiche. Uno dei due si abbuffa di rarebit e si addormenta, coinvolgendo nei sogni più strampalati e assurdi anche il consorte.
Nel 1921, McCay realizza, dicevamo, tre progetti animati, disegnati dall’artista stesso fotogramma per fotogramma, tratti da Dream of The Rarebit Fiend: Bug Vaudeville, The Pet e The Flying House. Di stampo prettamente umoristico (i dialoghi tra moglie e marito sono esilaranti), i tre film della durata di quindici minuti ciascuno nascondono anche un messaggio morale. Ad esempio, The Flying House è una critica alla rapida urbanizzazione urbana negli Stati Uniti tra il 1910 e il 1920 e alle giustizie che ne conseguono, nonché uno sberleffo abbastanza evidente ai primi segnali del periodo proibizionista.
In The Pet (un cane mezzo orso e mezzo elefante cresce a dismisura e divora ogni cosa che incontra al suo passaggio) qualcuno ha visto un’anticipazione di King Kong o delle pellicole sci-fi a tema apocalittico. Ciascuno dei tre film possiede una linea grafica di una precisione molto chiara e fluida, se si pensa alle tecnologie d’animazione di cui si disponeva all’epoca. Lo stesso tratto maniacalmente elaborato, lo si trova anche nelle tavole delle sue opere a fumetti. Curiosamente, nelle didascalie di testa McCay si autodefinisce “l’inventore assoluto del cinema animato”. Sappiamo bene come non sia esattamente così, ma una cosa è certa: Winsor McCay è stato uno dei più prolifici pionieri della storia del cinema d’animazione ed è tutt’ora fonte d’ispirazione per tanti suoi successori che da lui possono solo imparare.