Mezza giornata o poco più nella vita di un pastore religioso in crisi di fede: la funzione in una chiesa semi-deserta fra persone che sbadigliano o redarguiscono figli annoiati, il maldestro tentativo di consolazione di un uomo sull'orlo del suicidio, la sofferenza per la moglie morta da qualche anno, l'attrito con una donna che lo ama ostinatamente, l'attesa di una nuova messa nel pomeriggio. Per Luci d'inverno (1962), opera mediana della trilogia sul “silenzio di Dio” dopo Come in uno specchio e prima de Il silenzio, Ingmar Bergman attinse a elementi autobiografici: suo padre era un pastore luterano, e un altro religioso gli raccontò di aver assistito spiritualmente un uomo prima che si suicidasse.
La volontà programmatica di Bergman era di costruire un film “semplice”, perfettamente resa in un'asciutta esattezza di inquadrature, fotografia, paesaggi, colonna sonora. Esplicito anche il tema, un sentimento dell'abbandono divino che è evidente nel dolore sordo di Tomas, nella fatica della vita di ogni giorno, nella distanza dei fedeli gli uni dagli altri e dal sacramento. Il titolo italiano, pur suggestivo e rispettoso, si addentra meno nel cuore della questione dell'originale svedese, traducibile come “I comunicandi”: protagonista della narrazione non è un singolo uomo, ma una comunità di persone che si accostano al sacramento dell'eucaristia. Nel pastore Tomas e in tutti coloro ai quali si rapporta, è innegabile l'affanno a entrare in comunione con Dio, ma anche gli uni con gli altri, a dispetto dei molti dialoghi e tentativi di comprensione reciproca.
Nonostante la linearità di esposizione, Luci d'inverno si presta a più interpretazioni, e dopo il crescendo drammatico della giornata, la scelta finale di Tomas di officiare la messa dinnanzi a una chiesa vuota resta oggetto di discussione critica: si tratta della tenacia della fede nel momento della prova, o di un rituale sterile ormai svuotato di significato? Poco prima, il sagrestano ha attribuito lo strazio della passione di Gesù non tanto alle torture fisiche quanto alla sconfessione degli apostoli e all'apparente abbandono di Dio, facendoci vedere Tomas come Cristo. L'organista, invece, rimpiangendo la chiesa affollata di qualche anno prima, ha attribuito a Tomas stesso l'incapacità di rapportarsi ai suoi fedeli, dato che era la moglie a tenere viva la comunità. Quale la verità? Bergman sparge qua e là indizi contrastanti, lasciando scegliere alle personali sensibilità quali tenere in maggior conto.