Una macchina s'aggira per gli angoli bui di Saint-Martial, borgo occitano nel profondo sud della Francia. Luoghi familiari a Jérémie, dove è cresciuto e ha conosciuto l'amore. Ma l'occasione è funesta: l'amato giace inerte, orizzontale, sul letto. Jérémie rimane a dormire nella casa del defunto, ospite della vedova, illudendosi di poter elaborare lì il lutto, di riannodare i fili di un passato lasciatosi alle spalle.
Ma nel tempo il paese si è disunito: i bar hanno chiuso, non esistono più spazi d'aggregazione, i giovani sono prigionieri dei loro schermi, gli amici d'infanzia lo trattano come uno straniero, compreso il figlio del defunto, Vincent, sempre più irritato dalla presenza di quest'uomo che sembra lentamente sostituire il padre. Ingenuamente, Jérémie si spoglia per sedurre una sua antica conoscenza, finendo con l'essere cacciato, minacciato da un fucile, e si riveste con gli abiti del suo amato, scatenando l'ira di Vincent.
L'auto ora si inerpica sui sentieri impervi del bosco. Nella sua oscurità, come già nell'epilogo di Lo sconosciuto del lago, la danza si fa macabra. Qui però il bosco assume una nuova connotazione, diventa il luogo di occultamento del cadavere. Fatale ingenuità! È il primo luogo in cui tutti vanno a cercare Vincent, il luogo in cui lo stesso Jérémie s'aggira con la scusa dei porcini. E anche la sua testimonianza non regge, cambia continuamente.
Guiraudie stringe spesso sul viso dei personaggi, per poi seguire con una soggettiva l'oggetto dell'attenzione, tracciando le linee orizzontali dei rapporti desideranti. Peccato che la stessa strategia venga adottata dalla polizia che, tessendo le fila dei discorsi, tenta di incastrare Jérémie. Ad aggravare la situazione, la coscienza lo tormenta: notte dopo notte, lo ritroviamo orizzontale sul letto, incapace di dormire. Il film assume il suo sguardo assonnato e disorientato, con apparizioni improvvise e ricapitolazioni che rimettono a fuoco gli eventi sfocati nella sua annebbiata mente.
Le linee orizzontali della sua esistenza pendono sempre più verso il basso, fino a portarlo a un passo dal precipizio. È a questo punto che Guiraudie decide di incarnarsi nella figura del parroco, confessando tutto il suo amore per i propri personaggi e indicando loro una via per l'elevazione: la finzione. Invece di inseguire le logiche poliziesche, il parroco decide di reinventare la situazione in accordo al proprio desiderio, mettendo in scena un piccolo spettacolo erotico per i gendarmi, nel tentativo di scagionare il suo amato Jérémie.
Come nel Cielo brucia di Petzold, anche qui il protagonista assonnato è troppo preso dal proprio mondo per vedere la catastrofe planetaria in atto, ma piuttosto che ambientale qui la catastrofe è morale: è il vuoto d'amore che non si vuole riconoscere e che si cerca di colmare, per mascherarne la natura, con futili fardelli, come un accidentale omicidio.
In un estremo atto lirosofico, attraverso la finzione cinematografica, Guiraudie offre un'alternativa gratuita, misericordiosa, al proprio eroe riconnettendo verità di ragione e conoscenza d'amore. Così, quando non sarà più solo nel letto, quando potrà aggrapparsi a un nuovo oggetto del desiderio, quando armonizzerà il suo animo con il suo desiderio, forse Jérémie non avrà più paura del buio e troverà il meritato riposo.