Nel panorama del cinema americano non esistono molte figure paragonabili a Peter Bogdanovich, che prima di affermarsi come regista si distinse come critico e divulgatore cinematografico (come preferiva definirsi), e che alla soglia dei trent'anni aveva già intervistato molti dei più grandi registi del cinema classico hollywoodiano. La sua unicità e la sua anima cinefila si manifestano con estremo fulgore sin dal secondo film, L'ultimo spettacolo, una meravigliosa ballata nostalgica e crepuscolare, ma sono evidenti anche nel film successivo e nel passaggio tra i due. Sorprende, infatti, vedere nella filmografia di un regista due film in successione diversi per ritmo e toni come L'ultimo spettacolo e Ma papà ti manda sola?, ma non sorprende che Bogdanovich sia riuscito a passare dall'uno all'altro con tale maestria, esempi emblematici della sua passione per il cinema e di quanto aveva assimilato.
Con Ma papà ti manda sola? Bogdanovich omaggia e si ispira alla screwball comedy, la commedia svitata portata in auge durante gli anni trenta e i primi anni quaranta da registi come Frank Capra e Howard Hawks. È proprio a Susanna! di Hawks che guarda maggiormente per la premessa narrativa, riprendendo la figura del professore con la testa tra le nuvole, sul punto di sposarsi e in caccia di un finanziamento per i suoi studi, che incontra una donna eccentrica ed esuberante che si innamora di lui, trascinandolo in folli avventure. A fianco della linea narrativa principale si sviluppa una sorta di sottotrama legata a quattro valigette identiche, appartenenti a quattro diversi proprietari, che vengono ripetutamente confuse. Al posto di Cary Grant e Katharine Hepburn, protagonisti del film di Hawks, compaiono Ryan O'Neal e una scatenata Barbra Streisand, e fu proprio per quest'ultima, desiderosa di lavorare con lui, che il regista newyorchese pensò alla realizzazione di una screwball comedy.
Ma non è solo alla commedia svitata che attinge Ma papà ti manda sola?, si rifà ancor più ai ritmi e all'astrazione dello slapstick, del cinema dei fratelli Marx e dei cartoni di Bugs Bunny, in particolare quelli diretti da Chuck Jones, uno dei registi che Bogdanovich ha intervistato e a cui è stato tra i primi a dare un riconoscimento pubblico e critico. Il titolo originale del film infatti è What's Up, Doc?, che è la celebre frase che Bugs Bunny rivolge regolarmente ai comprimari (tradotta in italiano con "Che succede amico?"), mentre addenta l'immancabile carota.
Ed è proprio quella la frase con la quale si presenta il personaggio di Barbra Streisand a quello di Ryan O'Neal all'inizio del film, incarnando un Bugs Bunny al femminile che, come l'originale, finisce con lo sconvolgere gli eventi e i personaggi che la circondano, alla stregua di un uragano. All'improvviso la vita di un musicologo distratto si trova sotto sopra, liberata da ogni freno e da ogni convenzione, ponendo la quiete formale e goffa, rappresentata dall'uomo, alla mercé della trasgressione e della genuina follia.
Ne risulta un film irresistibile, che sacrifica la costruzione narrativa e i possibili risvolti romantici per basarsi sul puro ritmo. Un ritmo che cresce inesorabile su se stesso, alternando senza soluzione di continuità gag sempre più folli, divertenti e spinte all'eccesso, accompagnate da dialoghi sferzanti e personaggi secondari brillanti, tra cui quello interpretato da Kenneth Mars, che due anni più tardi vestì i panni dell'ispettore Kemp in Frankenstein Junior. Il carattere crescente che regola il film si rispecchia nei luoghi in cui avvengono le principali situazioni comiche, come il tavolino della sala nella quale si svolge la cerimonia, la stanza dell'albergo, la sala della villa e per finire le strade di San Francisco dove si svolge il lungo inseguimento, ispirato a Buster Keaton. Dagli interni si passa così all'esterno, quando ormai la liberazione del protagonista è avvenuta e il nuovo amore ha posto le proprie solide basi.
Oltre alla centralità del ritmo, Ma papà ti manda sola? è un film sul gioco, sullo scambio e sul cinema stesso. Il personaggio di Barbra Streisand si sostituisce alla fidanzata del protagonista prima con una messa in scena surreale, poi realmente nel finale. E allo stesso tempo lo scambio riguarda le valigette che per tutto il film vengono rubate, confuse, sostituite, perse, sfidando quasi lo spettatore al gioco delle tre carte (quattro, in questo caso). Non mancano, infine, riferimenti cinematografici espliciti, oltre ai succitati. Come il rimando a Casablanca con la canzone As Time Goes By, il cortometraggio di Bugs Bunny che si vede su uno schermo in aereo nel finale e la citazione parodiata da Love Story, film del 1970 con protagonista lo stesso Ryan O'Neal. Appare evidente quindi quanto si sia divertito Peter Bogdanovich a scrivere e girare Ma papà ti manda sola?, ma a divertirsi è anche lo spettatore. Tanto cinquant'anni fa, quanto adesso.