Sole cocente, cicale, onde marine e sospiri rubati. Questa è l’esperienza uditiva che si prova guardando Naples au baiser de feu (1925) film francese, girato a Napoli da Serge Nadejdine. Didascalie francesi, ‘core napoletano e regia russa sono un connubio riuscitissimo. Nadejdine evidentemente si era innamorato del panorama partenopeo, tanto da ambientare la maggior parte delle scene en plein air, accarezzato dal vento marino mentre riprendeva Antonio Arcella (un Georges Charlia pieno di pathos) suonare il violino. Non solo il mare, ma anche i vicoli di Napoli attirarono la sua attenzione, con una particolare predilezione verso le scalinate labirintiche della città, le ampie balconate, i ristoranti all’aperto e i muretti in riva al porto.
E’ chiaro il motivo per cui il film non passò il visto di censura n. 23120 del 26 novembre 1926: le scene girate in interno notte nella casa del mendicante Pinattucchio (Gaston Modot), innamorato follemente dell’ambigua Costanzella (Gina Manès), sono ad alto tasso drammatico. Dopo aver salvato Costanzella dal suocero molesto, Pinattucchio la accoglie nella sua dimora. Pinattucchio la condivide con Antonio, un violinista scansafatiche che campa suonando tarantelle. L’inevitabile ménage a trois è innescato dalla carica seduttiva di Costanzella nei confronti di Antonio, il quale aveva giurato sulla Madonna di non immischiarsi nell’interesse di Pinattucchio per Costanzella. Tutto inutile, i due si lasciano andare alla passione. La prima scena che sicuramente turbò la censura fu l’attacco epilettico di Pinattucchio dopo aver colto sul fatto i due amanti: privo di sensi, viene lasciato a terra coperto malamente da una coperta (“Si riprenderà”, afferma tranquillamente Costanzella); perfino la macchina da presa non si scosta, anzi ne riprende per parecchi secondi il corpo attorniato dai topi. La situazione non migliora e i due continuano la loro relazione, con Antonio che nel frattempo ha dimenticato Sylvia, una nobildonna in piena crisi depressiva per cui aveva precedentemente suonato una serenata e con cui aveva intrapreso un’intensa amicizia.
Il climax drammatico raggiunge l’apice nella scena dell’amplesso: Pinattucchio sorprende di nuovo gli amanti e accoltella a morte Costanzella. Nell’inquadratura formalmente più bella di tutta la pellicola, la schiena nuda della donna viene letteralmente trapassata dalla lama ripresa in primissimo piano. Antonio è disperato, ma nonostante tutto cerca di curare il suo animo pieno di pentimento suonando il violino ad un ricevimento in un ristorante: la frenesia e la rabbia con cui l’archetto calca le quattro corde è così evidente da poterne quasi sentire il suono.
Il balsamo del perdono arriva nell’epilogo che si svolge in una chiesa in mezzo ai poveri e i malati. La Madonna, testimone della vicenda, dona la pace interiore rinsavendo entrambi gli animi di Antonio e di Sylvia, placando il rimorso e donando nuova vita.