Galeotto fu Twilight. Non mi uccidere, secondo lungometraggio di Andrea De Sica, arriva nelle nostre case trascinando con sé un bel carico di aspettative frutto di una promozione ben studiata e qualche meme divenuto virale nei mesi precedenti alla sua distribuzione. Il confronto con  Twilight (2008 – 2012), la saga cinematografica americana che ha conquistato milioni di adolescenti e giovani adulti in tutto il mondo, ha polarizzato il pubblico italiano: detrattori refrattari al genere, da una parte, e sostenitori nostalgici, entusiasti di rivivere la storia d’amore tra Bella (Kristen Stewart) ed Edward (Robert Pattinson) in versione italiana, dall’altra.  

Risulta interessante osservare gli elementi che hanno contribuito alla peculiare accoglienza di Non mi uccidere, a partire dalla sua genesi: adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto da Chiara Palazzolo, pone al centro della narrazione la mite e dolce Mirta (Alice Pagani) e il tormentato Robin (Rocco Fasano). I due giovani innamorati si promettono imperituro amore ma il loro idillio finisce presto, in seguito a un tragico incidente nel quale entrambi perdono la vita. Incredibilmente, Mirta si ridesta dalla sua tomba: ma nella sua seconda vita, la remissiva ragazza è feralmente cambiata.  Mirta, ormai non più Mirta, è destinata a scoprire a quale costo l’amore è eterno.

A giudicare dalle premesse, non manca la presenza di certi elementi tipici dell’immaginario teen, romantico, dark fantasy proprio di Twilight e di successive serie tv quali The Vampire Diaries e True Blood: dai concetti che affondano le radici nella mitologia e si riferiscono a odio, amore, morte e destino, all’intensa storia romantica tra una graziosa, impacciata ragazza e un tormentato giovane uomo dal passato oscuro. Eppure, laddove il romanzo di Palazzolo si differenzia dalle opere citate per tematiche, toni e personaggi, il  film prende le distanze dall’opera a favore di una mirata strategia promozionale e narrativa: far in modo che  Non mi uccidere venga associato a Twilight.  

A giocare in prima linea i paratesti, tra i quali la locandina ufficiale che appare come la copia esasperata dei materiali promozionali del cult americano. Non da meno il testo filmico, che ne riproduce le ambientazioni boscose, dal sottotono dark, e le atmosfere sospese. E ancora, la direzione degli attori, in particolare la costruzione del personaggio interpretato da Rocco Fasano: pur dimostrando di essere un talentuoso e versatile attore, in Non mi uccidere sia l’espressività che la fisicità sembrano piegate a una performance che ricorda quella di Robert Pattinson: il sorriso sghembo, lo sguardo penetrante e misterioso, le movenze controllate, eleganti e virili.

Nonostante le numerose assonanze, il posizionamento sul mercato stride con la vera sostanza dell’opera. Perché, in fin dei conti, Non mi uccidere è Twilight ma non lo è affatto: in primo luogo, favorire il coinvolgimento emotivo e la proiezione nelle vicende narrate è fondamentale per le produzioni teen e young adult. L’opera di De Sica,  diversamente dai titoli citati sinora, non ha il tempo di far evolvere i suoi protagonisti. Inevitabile, se si pensa che ha compresso in 90 minuti una trilogia lunga quasi mille pagine, densa di eventi, luoghi e personaggi. Inoltre, il  limite imposto dalla taglia contribuisce a rendere Non mi uccidere un pastiche dalle molte anime: gioca con l’ibridazione di generi letterari popolari (storie di vampiri e zombie, la storia romantica, il romanzo di formazione); assume caratteristiche del genere urban fantasy con derive nell’horror e nello splatter; si ispira ai predecessori e ai contemporanei (non solo teen movie: si pensi a recenti produzioni horror italiane alla The Nest) e allo stesso tempo prova a spingersi oltre, sperimentare.

È proprio nella sperimentazione che Non mi uccidere sembra rivelarsi per ciò che è: un revenge movie marcatamente femminista. L’amore romantico perde la sua centralità e sono le donne a dominare la scena: l’intensità emotivita di Mirta (Alice Pagani) e la fisicità androgina e potente di Sara (Silvia Calderoni) sono al servizio di un viaggio iniziatico teso alla scoperta dell’autodeterminazione, un empowerment femminile che tanto più si nutre degli errori e dei limiti di un universo maschile fagocitante e coercitivo quanto più è libero di esprimere il suo potenziale. Il testo della main song del film, scritta e interpretata dalla stessa Alice Pagani e Chadia Rodriguez, lo conferma.

La storia produttiva di Non mi uccidere, qui ripercorsa in breve, parla di una trasformazione del contesto produttivo televisivo e cinematografico italiano tesa alla sperimentazione di nuovi generi, a produzioni di qualità e ben disposta al dialogo e alle contaminazioni con il mercato estero. È in questo quadro che sta trovando una sua collocazione il teen movie italiano, grazie alla progressiva americanizzazione della sua proposta e la sua tensione verso produzioni di qualità, tanto da sedurre registi quali Luca Guadagnino (del 2020 è la sua miniserie We Are Who We Are). Le piattaforme streaming giocano  un ruolo di primo piano nel favorire la rinascita del genere, contribuendo all’edificazione una fabbrica teen  all’interno della quale gravitano alcune giovani e talentuose promesse del cinema italiano.

È il caso di Rocco Fasano e Alice Pagani, già noti protagonisti della serialità teen:  l’uno in Skam Italia, l’altra in Baby. Sarebbe stato improduttivo valutare Non mi uccidere solo come opera a sé stante: tra sperimentazione e dispersione si inserisce organicamente in un contesto che si affida alle voci, agli sguardi, agli immaginari di una nuova generazione e ne racconta le storie, alla ricerca di una rinnovata estetica e di un’identità più autentica.