Sotto contratto con le case di produzione romane Medusa Film e Nova Film, Diana Karenne gira due film, Redenzione di Carmine Gallone nel 1919 e Miss Dorothy di Giulio Antamoro nel 1920. Diana Karenne è una delle più grandi esponenti del sistema divistico del cinema muto italiano, sebbene abbia saputo ritagliarsi una carriera parallela, “altra” dalla diva dedita al perbenismo e alla mondanità, come donna emancipata e dotata di una particolare intelligenza, colta, con uno spiccato interesse verso la pittura, la musica e la letteratura. I primi anni Venti sono gli ultimi che trascorre in Italia dopo una ricca e fruttuosa filmografia (Lea, Il Fiacre n.13, La Signora delle Rose) di cui spesso è anche regista e sceneggiatrice. Ad oggi risulta impossibile dare un giudizio critico o comunque costruire una documentazione precisa riguardo suoi lavori da regista, poiché di questi e di molte altre opere di cui fu interprete non vi resta purtroppo alcuna traccia.

Il fascino intellettuale accompagnato da una grande sensibilità è chiaramente visibile nel ruolo da protagonista in Miss Dorothy, dramma diretto dal regista romano Giulio Antamoro di cui abbiamo fortunatamente 1233 metri di cui risulta mancante solo qualche fotogramma. La signorina Dorothy è una rigida istitutrice dalla doppia identità. Trattasi realmente di Thea Nothingham, cantante e concertista dalla carriera mancata, Dorothy si prende cura di Mara, promessa sposa del giovane Giorgio, nonché fratello dell’uomo amato deceduto per un malore. Con l’arrivo di Giorgio nel lussuoso palazzo di Mara, le carte vengono man mano scoperte e riaffiorano a galla tristi malefatte operate ai danni della sensibile Dorothy/Thea colpevole solo di amare.

Il gioco della doppia identità di Dorothy viene espresso alla perfezione da Diana Karenne, algida, glaciale e oscura prima, gentile e intensa poi nei panni di una madre alla ricerca della figlia che le è stata strappata in grembo. Quella grazia e quell’eleganza colta che Diana Karenne conferisce al ruolo di Dorothy che torna ad essere la Thea di un tempo, è qualcosa che viene espresso non solo dal portamento e dalla corporeità proprie delle regole divistiche, ma anche dallo sguardo, quello sguardo azzurro segnato da due occhi obliqui che prima guardano a destra, poi a sinistra e in alto, pieni di intelligenza e di quel non so che di complesso che ci spiazza, che vortica e che la rende artista.

Dopo Miss Dorothy e qualche altro film con Antamoro, Diana Karenne fugge dalla grave situazione di crisi che ha investito il cinema italiano. Si unisce a dei cineasti russi e si trasferisce in Francia e Germania dove conclude la sua carriera con l’arrivo del sonoro. Diana Karenne muore a causa dei traumi riportati dopo un bombardamento ad Aquisgrana nel 1940. Un anno prima, solo una fugace apparizione in Manon Lescaut di Carmine Gallone la consacra ancora una volta come una delle più grandi e intelligenti donne che il cinema italiano abbia mai avuto.