Un caloroso applauso di benvenuto subito interrotto dalle note di un violoncello: il pubblico precipita in un silenzio incantato, sembra piombare in un’atmosfera metafisica lontanissima. Il tema accennato è lo stesso de La dolce vita, stavolta cucito su misura dall'arrangiamento di Jacques Morelenbaum e dai versi in portoghese composti da Caetano stesso. È il 30 ottobre 1997 e la sua voce riempie il modesto Teatro Nuovo di Dogana nella Repubblica di San Marino. E non è un caso che la data del concerto coincida con l’anniversario di matrimonio di Giulietta Masina e Federico Fellini.
Tempo prima Caetano Veloso aveva ricevuto una lunga lettera da Maddalena Fellini, la sorella di Federico, che gli proponeva di venire in Italia per omaggiare la coppia con un concerto. Il cantautore brasiliano accetta a una sola condizione: occupare la suite del Grand Hotel di Rimini che era di solito utilizzava il regista. Un piccolo capriccio che sembra piuttosto l’apice di un incontro mai avvenuto tra il cantante della provincia di Bahia e la coppia di artisti, mancati tre anni prima a distanza di cinque mesi l’uno dall’altro.
Un dialogo univoco, a scoppio ritardato ma dovuto. Spesso Caetano Veloso ha raccontato dei suoi pomeriggi al cinema di Santo Amaro, non mancando di riconoscere l’importanza di Fellini nella sua crescita estetica e affettiva. Caetano Veloso che digiuna un giorno intero dopo aver visto Giulietta Masina ne La Strada, profondamente turbato quando si accorge che Zampanò non guarda mai il cielo se non durante la scena finale. Ora sembra voler pareggiare i conti di un debito pluridecennale col regista riminese e la sua attrice più brillante. Un debito culturale da collocare prima dell’esilio in Inghilterra, prima della sua breve ma pesantissima incarcerazione e prima del preludio del movimento tropicalista, quando appena adolescente tracciava gemellaggi biografici tra la vita della provincia riminese degli anni Cinquanta e quella di Bahia. Così costruisce un repertorio irripetibile, legato a doppio filo con l’immaginario felliniano, in un percorso di intrecci e sovrapposizioni che fa del concerto una caccia al tesoro di riferimenti, citazioni e allusioni. La serata sembra rispettare il presupposto fondamentale del tropicalismo, l’antropofagia intesa come cannibalismo culturale e musicale di tutte le società, che in questo caso si riversa in un mosaico che spazia disinvolto tra diversi generi e geolocalizzazioni.
Durante le conversazioni lunari tra Lua, lua, lua, lua e Luna Rossa è impossibile non riconoscere i temi di Nino Rota che scivolano quasi ovvi in una bossanova napoletana struggente, o in un classico fado portoghese, Coimbra. E ancora, si passa a cantare in inglese con Let’s Face the Music and Dance, ammiccando a un Mastroianni malandato in frac e alla sua partner di ballo, la vispa nonnina in Ginger e Fred. Caetano Veloso gioca con il suo bagaglio emotivo personale, costruisce impalcature liriche e lega due mondi altrimenti lontanissimi, mentre sta attento a tenersi saldo anche all’immaginario collettivo: sotto le note di Giulietta Masina gli occhi annacquati di Cabiria luccicano come il riflesso di uno specchio, tutti immaginano la sua lacrima nera che riga la guancia nell’indescrivibile primo piano finale.
Chora que a tristeza / foge do teu olhar (piangi che la tristezza / scappa dai tuoi occhi): a dirla tutta l’intero repertorio sembra un omaggio alle lacrime di Masina, le stesse che in Giulietta degli spiriti prova a non versare davanti al marito che dimentica il loro anniversario, oppure quelle che l’attrice si asciuga con un fazzoletto alla vittoria dell’Oscar alla carriera del marito ("and please Giulietta... stop crying!" urlerà Fellini verso la platea). Nell’aria carica di commozione si chiude lo strano itinerario musicale con il tema di Gelsomina, cantato in coro con il pubblico, a rievocare la tromba di Mauro Maur che sotto questo motivo aveva dato l’ultimo saluto ai funerali di Giulietta Masina, il 23 marzo 1994.
Un episodio prezioso ed emozionante che sembrava destinato a rimanere un segreto condiviso per pochi eletti, ma che nemmeno due anni dopo si è riversato per nostra fortuna in Omaggio a Federico e Giulietta (1999), un album che conserva le tracce di quella serata irripetibile.