Nella sezione Orizzonti di Venezia78, si è aggiudicato il Premio degli Spettatori (Armani Beauty) la commovente e sperimentale opera del regista finlandese Nikki Teemu, Il cieco che non voleva vedere Titanic, poi distribuito in Italia da I Wonder e presente sulla piattaforma IWonderfull. Un autore che, dopo una lunga gavetta, non è nuovo a importanti partecipazioni festivaliere – il suo cortometraggio All inclusive (2019) è stato presentato in concorso a Cannes e a Toronto – e che qui realizza forse il suo film più sentito e personale, oltre che innovativo nel linguaggio cinematografico.
Scritto dallo stesso regista, ha come protagonista Jaakko (Petri Poikolainen), un ragazzo finlandese affetto da sclerosi multipla che gli ha causato la paralisi delle gambe e la cecità. Ha conosciuto online Sirpa, (Marjaana Maijala), una ragazza gravemente ammalata, e con lei ha stabilito un rapporto sentimentale a distanza, tramite frequenti telefonate. Quando la donna gli comunica che le sue condizioni di salute sono peggiorate, Jaakko decide di affrontare un viaggio ai limiti dell’impossibile per raggiungerla nella città lontana dove lei vive. Muovendosi con treno e taxi, il ragazzo affronta la sua personale odissea piena di rischi e difficoltà, compreso un sequestro da parte di due balordi, fino a quando può finalmente incontrare Sirpa.
Quella di Nikki Teemu è una sfida ardita, a cominciare dalla scelta dell’attore, che è un ragazzo realmente disabile, chiamato a interpretare una vicenda cinematografica di finzione ma muovendosi dunque in quella che per lui è una tragica realtà. Per compiere un’operazione simile ci vuole una profonda sensibilità e tatto, sia per dirigere il protagonista, sia per narrare una storia che non scada nel semplice lacrima-movie, ma che abbia qualcosa di profondo da raccontare. Il regista dimostra di possedere tutte le qualità necessarie a vincere la sua scommessa artistica, e il risultato è un film sentimentale di rara umanità, la storia di due persone ammalate e sole, che superano ogni ostacolo per incontrarsi e provare ad anestetizzare la loro solitudine. Il rischio di un film simile poteva essere quello di annoiare lo spettatore, ma Teemu gira con un pathos talmente forte (grazie anche alla straziante performance di Poikolainen) da coinvolgere lo spettatore in tutta l’ora e venti circa di durata.
La regia utilizza uno stile radicalmente sperimentale, personale e innovativo – a cominciare dai titoli di testa in linguaggio braille, con la voce narrante che traduce: uno stile che se da un lato è uno dei suoi pregi indiscutibili, dall’altro rende l’opera talvolta difficile da seguire, ma una volta entrati nell’ottica non si può non appassionarsi. Il cieco che non voleva vedere Titanic è infatti girato quasi esclusivamente inquadrando Poikolainen in primo piano o in campo medio, mentre il resto è inquadrato tutto fuori fuoco – ad eccezione dell’immagine finale di Sirpa – come a volerci immergere nella condizione del protagonista, nel mondo del personaggio dal suo punto di vista.
Tutta la storia è narrata dal suo pov (come si usa dire oggi), con una limitazione spaziale delle inquadrature (che rimarcano la sua immobilità), e con le immagini sfuocate (per rimarcare la sua cecità). La regia riprende Jaakko nelle sue azioni quotidiane – mentre fa colazione, lava i denti, chiama Sirpa col cellulare a comandi vocali, fuma erba (legalmente, spiegherà), accoglie la badante – studiando in modo capillare la vita del protagonista. Quella di Teemu è una vibrante ode alla vita e all’amore (ma anche al cinema, come vedremo), particolarmente toccante nei dialoghi al telefono con Sirpa, e raffigura in modo inedito il mondo visto dai disabili e i disabili visti dal mondo – pensiamo agli stupidi e insofferenti vicini di casa, oppure al bambino che sul treno chiede al papà che cosa sia quella sedia a rotelle. Una pellicola straziante, intensa e commovente, intrisa di amarezza e disperazione ma anche di amore e speranza.
Il cieco che non voleva vedere Titanic è una struggente storia d’amore a distanza – che culmina poi in un sentito e sincero abbraccio con la ragazza – fra due ammalati, due emarginati. Quello di Jaakko è un viaggio (im)possibile, che riesce a superare le barriere per amore, un’impresa che viene descritta nelle sue varie fasi (sempre restringendo le inquadrature al suo volto sofferente e al mondo esterno sfuocato), con una pluralità di linguaggi che ad un certo punto sfocia anche nel thriller: quando cioè due balordi lo sequestrano per rapinarlo, dando vita a una guerra di nervi fra i tre, in cui il disabile mostra una forza inaspettata. Ma, come suggerisce il titolo, il film di Teemu è anche un meticoloso omaggio cinefilo, un atto d’amore verso la Settima Arte.
Il protagonista possiede infatti una quantità infinita di Dvd, che collezionava prima di diventare cieco, e che ha visto più volte: tranne, appunto, Titanic, da lui ritenuto un film “costoso e fasullo”; un Dvd ancora incartato e che nel finale consegnerà a Sirpa, la quale al contrario di lui adora il kolossal di James Cameron e lo sente particolarmente vicino – lei si paragona al Titanic, con la consapevolezza che la sua vita sta affondando. A Jaakko piacciono invece altri film, talora citati esplicitamente e altre volte inseriti nei discorsi a mo’ di trivia per lo spettatore – da Terminator a John Carpenter, da Alien a Fargo, da Taxi Driver alle trasposizioni da Stephen King – con un gusto cinefilo non banale. L’opera di Teemu è dunque un insieme variegato di situazioni, linguaggi e sotto-generi che riescono costantemente a stupire e commuovere lo spettatore.