“A Bologna come in tutto il nord c’è la guerra quella fatta dai popoli delle nazioni unite che combattono qui a migliaia di chilometri da casa loro, e quella fatta dai partigiani, che sono già a casa loro, ma che nelle loro case non ci possono più stare, le hanno abbandonate per andare nella clandestinità, per fare la Resistenza”. The Forgotten Front è un’opera celebrativa (visibile in streaming su MyMovies), che ha visto la luce grazie alla tenacia dei suoi autori, i documentaristi bolognesi Paolo Soglia e Lorenzo Stanzani, al contributo di diversi enti del territorio (Cineteca di Bologna, Istituto Parri, Anpi, Istituto Gramsci, Comune e altri) e a un crowdfunding di 144 sottoscrittori che ha raccolto più di undicimila euro.
The Forgotten Front, oltre ad essere un bellissimo film, è anche una grande lezione di storia, capace di rapire l'attenzione dello spettatore sin dal primo fotogramma, con la complicità di una colonna sonora originale memorabile (firmata Marco Pedrazzi) eseguita dall'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, che reinterpreta sontuosamente, fra le altre, l’inno resistente per antonomasia, Bella ciao.
Il documentario, grazie ad un montaggio magistrale e a una scrittura asciutta ed efficace, deve la sua pregnanza visiva alla eccezionale carica semantica delle immagini che lo compongono. Immagini di repertorio d'epoca, frutto di una laboriosa ricerca, che ha portato al recupero di materiali cinematografici e fotografici inediti, come le riprese dei bombardamenti e della Liberazione realizzate dal giovanissimo cineamatore bolognese Edo Ansaloni, recentemente scomparso all’età di 95 anni, prima di poter vedere il 75° della Liberazione. Proprio ad Ansaloni si deve il celebre scatto dei primi militari polacchi del Secondo corpo d’armata, guidati dal generale Anders, che entrarono a Bologna da Porta Mazzini percorrendo Strada Maggiore, fino a Piazza Maggiore. Era la mattina del 21 aprile 1945, Ansaloni aveva vent’anni, era partigiano, e da giovane fotoreporter fu tra i primi testimoni della Liberazione.
Una Piazza vuota che improvvisamente si riempie di persone alla notizia dell'arrivo delle truppe alleate, una piazza simbolo della città, e del suo attivismo partigiano. Come anche l'adiacente piazza del Nettuno, cinicamente ribattezzata dai nazifascisti "posto di ristoro dei partigiani", usata per le esecuzioni esemplari dei resistenti, e in seguito scelta spontaneamente dalla cittadinanza per ospitare il Sacrario dei caduti partigiani, oggi con più di duemila formelle in loro memoria.
E proprio agli oltre duemila partigiani e partigiane “morti per la libertà” è dedicato il film, che con una estrema precisione storica ricostruisce l’atmosfera e le vicissitudini della Resistenza bolognese, ripulendola da aloni mitici e restituendole tutta la sofferta drammaticità di una guerra civile fatta da uomini e donne che s’impegnarono con tutte le loro forze per mettere fine alla brutalità dei conflitti.
L’accuratezza scientifica della ricostruzione storica è percepibile sin dall’introduzione del documentario che, commentando le prime foto d’epoca, dal sapore quasi etnologico, getta le premesse per il successivo racconto con un brano di grande efficacia letteraria: "La Linea Gotica è un fronte che taglia in due l’Italia da Pisa a Rimini passando per l’Appennino Tosco-Emiliano, è il fronte sud della seconda guerra mondiale; nell’autunno del 1944 l’offensiva alleata si ferma qui, l’ultimo avamposto nazifascista nel nord Italia, il confine meridionale del Terzo Reich. Sulla linea del fronte c’è tutto il mondo: americani bianchi e americani neri, gli inglesi di Gran Bretagna e dell’Impero, le divisioni di fanteria indiana, le brigate corazzate canadesi, ci sono soldati australiani e neozelandesi, c’è il 28° battaglione Mahori, la sesta divisione corazzata sudafricana, il contingente sudamericano della forca expedicionaria brasileira, ci sono i polacchi del generale Anders mandati in Italia a combattere, c’è una brigata greca da montagna, c’è la brigata ebraica e c'è anche l’esercito dell’Italia libera, che combatte contro le milizie fasciste della Repubblica di Salò. Italiani contro Italiani dalle due parti del fronte, poi, ad un tiro di fucile dalla Linea Gotica c’è Bologna".
In meno di ottanta minuti il film racconta in modo avvincente, ma estremamente attendibile, la Resistenza bolognese mantenendosi costantemente in equilibrio tra la narrazione autorevole delle fonti storiche accreditate (oltre ai documenti foto/video citati, i contributi di storici come Luca Alessandrini, Luca Baldissara e Toni Rovatti) e quella più intima e personale delle voci di chi la Resistenza la fece, come alcune testimonianze di Nella Corazza, staffetta G.a.p. (nel racconto dell’arresto e uccisione di Irma Bandiera), o delle imprese epiche di Ilio Barontini, padre dei Gruppi di azione partigiana e poi comandante del CUMER (Comando Unificato Militare Emilia-Romagna), con centro operativo a Bologna.
Grazie ad una costruzione antitetica il racconto mette a fuoco efficacemente le fonti private, davanti alle fonti storiche, e la situazione locale, di fronte a quella nazionale di una guerra altrove congelata, mentre in Emilia Romagna divampavano le azioni dei gappisti: le bombe nei due celebri ristoranti Fagiano e Diana (con l’involontaria uccisione di due civili), l’assalto di sorpresa a San Giovanni in Monte (e la liberazione di tutti i suoi detenuti in città), la battaglia di Porta Lame (la più importante battaglia compiuta in Italia contro i tedeschi) insieme alle ritorsioni nazifasciste di Marzabotto e Monte Sole.
Se fu vero che “la Resistenza bolognese fu soprattutto politica e sociale” come afferma Alessandrini, è altrettanto vero come emerge dal documentario “che era necessario rinnovare la società italiana nel profondo”. E di questa stessa attesa di rinnovamento e speranza sono intrise anche le parole del partigiano Gianni Palmieri, con la cui lettera all’amico Bergonzini si chiude il film, parole che oggi diremmo quasi profetiche: “E libereremo la nostra Bologna. In città faremo una festa che non finirà mai e cacceremo via di torno gli attesisti e i vili. Quelli che non hanno preso posizione sono i veri e permanenti nemici della libertà: basterà un niente per farli ridiventare fascisti. So che molti miei amici di ieri saranno fra questi e la cosa mi avvilisce.“