“Tutto ciò che avviene avviene giustamente” scriveva Marco Aurelio nei suoi Pensieri. Un libro che il professore collegiale di storia antica Paul Hunham possiede in molteplici copie e che regala a ogni buona occasione. Secondo il prof la storia non è lo studio del passato, ma la spiegazione del presente. Ma il sapere antico può solamente informare sul presente o può anche produrre azioni giuste? La sua missione è, dice, formare uomini di buona indole. Eppure non sembra connettere con gli studenti, parla un'altra lingua, cita Cicerone e Democrito. Il suo strabismo inquieta i propri alunni che non sanno con quale occhio li guarda.

Vive in un proprio mondo il professore, ma chi è che non si trova in questa condizione? Angus è uno studente preparatissimo ma con problemi comportamentali. Sente la pressione di produrre risultati, minacciato come è dalla madre di essere spedito in un'accademia militare. Mary, la cuoca dell'istituto, è rimasta da sola a causa della precoce morte del figlio in Vietnam.

La stessa Barton Academy, lo spazio in cui questi tre personaggi si trovano incastrati durante la pausa natalizia, è un microcosmo con regole tutte proprie. Siamo nel 1970, là fuori c'è la contestazione giovanile, le proteste per la guerra in Vietnam. Nulla che possa turbare i privilegiati che popolano e governano il liceo. Ma è proprio questa condizione di privilegio a essere sofferta da parte di chi è lasciato indietro dalla propria famiglia come Angus.

A 24 anni da Election Alexander Payne torna sulla scena del crimine. La scuola per Payne non è lo spazio in cui si emancipano i giovani ma in cui si scontrano solitudini, in cui i falliti progetti di emancipazione confluiscono in un inevitabile scontro generazionale. Un professore mette in gioco un sapere non per elevare l'alunno ma per esercitare un potere. Per questo la scuola diventa uno spazio di sovvertimento del potere. Colui a cui verrà impartita una lezione alla fine sarà proprio il professore. Una lezione tutt'altro che socio-politica ma che concerne piuttosto proprio quei saperi umanistici di cui si dovrebbe fare giusto uso.

Fin dai titoli di testa entriamo in un altro microcosmo, il cinema hollywoodiano anni '70 di Ashby, Schlesinger, Schatzberg: impronta realista, colori desaturati, musica folk, suoni ambientali, lunghe dissolvenze, personaggi solitari, spigolosi, umani. Un cinema classico, i cui elementi sono facilmente identificabili. Ma non si tratta di mimare il classico, piuttosto di mettere in relazione questi elementi, farne un giusto uso. Così quando The Wind di Cat Stevens incrocia il volto di Paul Giamatti non si rimanda lo spettatore a Harold e Maude ma al complesso rapporto instaurato dalla solitudine di Paul con la solitudine di Angus.

Solitudini si incontrano per formare una nuova famiglia, un miracolo di Natale. Cos'è un classico secondo Payne? Qualcosa in apparenza confortevole, chiaro, distinto, un luogo di apprendimento di una lezione morale. Ma solo nell'orchestrazione, nella materialità di un incontro, un classico si rivela come tale. Solo nel momento decisivo in cui è in gioco una relazione un sapere umanistico può rapportarsi al presente, un gesto giusto può compiersi, un classico cinematografico può donarci luce e magia.