Cento anni fa, nel 1920, la rivista Variety riporta nero su bianco un breve riferimento a Buster Keaton sottolineando come “la sua interpretazione flemmatica in questo film è una rivelazione”. La critica si rivolge direttamente a The Saphead, film tratto dallo spettacolo teatrale The New Henrietta (1913) con William H. Crane e Douglas Fairbanks, nonché debutto al lungometraggio di Keaton prima di porsi l’anno successivo dietro la macchina da presa (in qualità di interprete, sceneggiatore e regista) e immediatamente dopo la lunga esperienza al fianco di Roscoe “Fatty” Arbuckle, che lo consacra direttamente al genere slapstick.
Prova d’orchestra del periodo d’oro di Keaton, The Saphead è la commedia degli equivoci collocata nella frenetica Wall Street in cui il buon Bertie è costretto a sopravvivere, seppur inconsciamente, ad un amore non corrisposto, a un padre pretenzioso, a compagni di nottata poco raccomandabili e ad un misfatto che rischia di ledere quella vita agiata e tranquilla sostenuta spesso e volentieri da assegni dal valore di migliaia di dollari.
Se osserviamo bene, vi sono pochi rapidi fotogrammi in cui Keaton incredibilmente accenna un’espressione divertita dovuta allo svolgersi degli eventi, nulla di eccezionale, è solo un minuzioso dettaglio, ma si tratta un piccolo particolare che uno spettatore abituato alla visione dei suoi lavori futuri non può fare a meno di notare: un elemento che mette in luce la debole presenza di un Keaton di un “prima” prossimo a concretizzarsi nel volto simbolo malinconico e stralunato. Perché proprio a partire dal 1920, la maschera di pietra triste e imperturbabile rimane tale senza più alcuna forma di metamorfosi o cambiamento, esattamente come siamo abituati a vedere.
Così come nel corso di buona parte del film, Keaton risulta statico nell’assenza di tratti corporei dinamici tipici del suo cinema e della sua arte che lo renderanno iconico solo poco dopo. Naturalmente nel “primo vero Keaton” troviamo parimenti molti aspetti in comune a lavori come The High Sign, Sherlock jr. o The Navigator (sguardi in camera, capitomboli e scivoloni, salti acrobatici, movimenti maldestri, ecc.), seppur in maniera moderata, se non più verso la seconda parte del film. È così che The Saphead è il film importante, simbolo dello spartiacque, del ponte, o meglio, del contatto tra un Buster Keaton “non ancora Keaton” e un Buster Keaton a cui possiamo stringere la mano vigorosamente, come in una gag molto impacciata e goffa, ma che una risata la strappa sempre.