La sezione dedicata a Herman Mankiewicz è stata, nelle parole del direttore Gian Luca Farinelli, la più complicata da mettere insieme, nonché l’ultima ad essere completata per questa edizione 2021 del Cinema Ritrovato. Come ha ricordato il curatore Philippe Garnier, è praticamente impossibile fissare in una manciata di film la carriera del poliedrico sceneggiatore, che disprezzava il suo ruolo ed era anche e soprattutto “story editor”, cioè impegnato a correggere, ritoccare, rimontare insieme gli scritti di altri. Difficile dunque rintracciare con precisione l’entità del suo apporto ai tantissimi film con cui ha collaborato, con alcune eccezioni: la pellicola che ha aperto la rassegna, Man of the World, è senza dubbio una sceneggiatura firmata da Mankiewicz.
Il film racconta una storia classica: a Parigi, il furfante americano Michael Trevor, interpretato da William Powell, incontra l’innocente Mary (una Carole Lombard più misurata che nei ruoli che la resero poi celebre, come ricorda Garnier nel catalogo) e se ne innamora, ricambiato; ma la sua natura truffaldina e, c’è da dirlo, la sua autocommiserazione incalzano, alimentate dalla complice guastafeste Irene, invaghita non corrisposta e intenzionata a impedirgli ogni futura felicità.
Il film ha un paio di sequenze dinamiche e affollate, come la corse dei cavalli e la vivace scena iniziale, che con pochi dettagli dispone subito le caratteristiche del protagonista, ingegnoso bugiardo e gentiluomo, ma è per la maggior parte immerso in una insolita quiete, con pochi ambienti e poco movimento, con le riflessioni più sentite affidate a dialoghi a due: è in questi casi che anche il personaggio di Mary dimostra, in pochi tratti, di impersonare sì la docile e gentile nipote di buona famiglia, ma non necessariamente sprovveduta, anzi perfettamente in grado, forse più del navigato Michael, di affermare esplicitamente ciò che vuole. L’atmosfera peculiare e dolente del film è incarnata dalla stessa interpretazione pensierosa ma espressiva di Powell, che dà al suo Michael Trevor una consapevolezza tragica in grado di rendere il suo doloroso autosabotaggio finale credibile, ancorché un po’ inspiegabile.
Da notare la descrizione dello specifico contesto sociale della comunità di ricchi americani a Parigi: l’attività fraudolenta di Micheal consiste nel pubblicare un proto-tabloid in cui diffonde cronache scabrose e dettagli piccanti degli incontri clandestini dei suoi connazionali, salvo poi chiedere sostanziosi riscatti per impedirne la diffusione. Uno di questi ignari impenitenti è il signor Taylor, l’anziano zio di Mary, che preferisce insidiare le giovani locali anziché visitare la città, come la nipote non manca di sottolineare: un tocco di cinismo da parte di Mank nei confronti dei suoi compatrioti e della loro concezione quantomeno limitata delle bellezze della Ville Lumière.