Con lo scandalo di Ultimo Tango a Parigi, il nome di Bernardo Bertolucci aveva definitivamente oltrepassato i confini nazionali, affermandosi definitivamente tra i grandi nomi della cinematografia mondiale. Sfruttando la fama acquisita, l’autore decise di impegnarsi in un progetto titanico, che racchiudeva alcuni dei migliori attori viventi nella cornice di una maestosa epopea in costume, tra le più grandi mai realizzate.

Alfredo Berlinghieri e Olmo Dalcò sono nati lo stesso 27 gennaio 1901, ma ai lati opposti di una barricata secolare: Alfredo è il figlio dei padroni, destinato ad ereditare terre e possedimenti, mentre Olmo è l’ultimogenito di una famiglia di contadini, nati per servire. Intorno alla loro amicizia scorre il grande fiume della storia mondiale, che li allontanerà sempre più. Enorme riflessione sulla Storia, Novecento è un film torrenziale sotto ogni aspetto, a partire dalla mole del girato. Inizialmente concepito da Bertolucci come un colosso da 310 minuti, la pellicola venne inizialmente ridotta a sole quattro ore per volontà del produttore Alberto Grimaldi, e proiettata con scarso successo negli Stati Uniti. In Italia, il film fu distribuito in due capitoli sinchè, nel 1991, l’autore riuscì a portare nelle sale il montaggio originale. Per raccontare una vicenda dal respiro così grande, venne impiegato un cast che riuniva il meglio di più generazioni di attori: una leggenda del muto come Francesca Bertini condivideva le scene con Burt Lancaster, tough guy della Hollywood classica, e le allora nuove promesse Gerard Depardieu e Robert De Niro prestavano il volto ai due protagonisti.

L’intera narrazione costituisce una colossale riflessione sulla Storia intesa come divenire ordinato, in cui tutto marcia al ritmo di un destino ineluttabile. Alfredo, Olmo e tutti i personaggi di quest’epopea si attengono attentamente al copione che la Storia ha affidato loro, senza mai deviare dallo schema prestabilito. Olmo, destinato ad un avvenire di povertà, diventa rivoluzionario e comunista, mentre Alfredo, sulle cui spalle grava il peso della grande proprietà terriera e delle nevrosi del nonno, finisce per diventare un padrone depresso e passivo, distante dalla realtà che lo circonda. L’unica libertà accordata ai due pupazzi al centro di questa grande farsa sembra essere l’amicizia che li lega, capace di deviare il corso degli avvenimenti quanto basta per non uccidersi a vicenda.

Si tratta però di un cambiamento insignificante all’interno del grande disegno: finita la guerra, Olmo ritorna al suo ruolo di povero contadino, mentre Alfredo si uccide seguendo le orme del nonno. Gigantesco affresco di un universo oggi lontano, capace riportare su schermo un milieu contadino ormai scomparso, il restauro della Cineteca di Bologna restituisce ai pubblici di tutto il mondo un’opera forse datata nella sua ideologia manichea, ma ancora in grado di emozionare e stupire.